Lo storico arrivo degli Unni

Lo storico arrivo degli Unni

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a cura di Maria Vittoria Grassi

Andar per Mantova 6 maggio

Buona giornata a tutte/i.
Sono stata trascinata dalle cronache di questi giorni a riflettere sull’uso della parola “”vandali””, appellativo molto usato ultimamente per definire anzitutto gli scatenati senza cervello che hanno devastato Milano in nome del No Expo ma anche utilizzato spesso sui giornali locali per indicare individui nullafacenti e dalla testa vuota che si divertono a distruggere gli arredi cittadini e i beni della comunità. Questo esordio per dire come mi sia venuto in mente di cercare nelle più antiche storie mantovane notizie sulla calata dei barbari e sulle minacce che i barbari di una volta (forse meno stupidi di quelli di oggi) rappresentarono per la nostra città e non solo. Naturalmente mi soffermo sull’episodio più noto e significativo, lo storico arrivo degli Unni e l’incontro, proprio nel mantovano, tra Attila e papa Leone Magno. Torniamo indietro ancora ai tempi dei Romani, addirittura nell’anno 452. Attila, re degli Unni, una tribù barbara originaria dell’Asia centrale, arriva sulle rive del Mincio tra la primavera e l’estate appunto del 452. L’esercito unno arriva preceduto da racconti terrorizzanti che descrivono questi barbari come uomini mostruosi, disumani, vestiti di pelle, decisi a fare terra bruciata dietro e davanti a loro. Si parla di un orda di 600.000 ferocissimi guerrieri che entrano nel territorio veneto devastando e uccidendo. L’imperatore romano del tempo Valentiniano III, incapace di fronteggiarli, chiede aiuto al papa, Leone I, e gli chiede di intervenire in nome della fede. La cronaca dell’epoca fa a questo punto un racconto molto suggestivo, che sfuma nella leggenda: di sera, in riva al Mincio, si avvicina all’accampamento di Attila un corteo di vescovi, preti, monaci, ragazzi, che intonano canti sacri e pregano. Davanti a tutti cammina il papa, un vecchio maestoso, con una lunga barba, che porta una croce. Le sentinelle e i soldati unni non capiscono bene che cosa succede, danno l’allarme, si dispongono lungo il fiume, pronti a combattere. Arriva anche Attila, passa il fiume a cavallo, si trova faccia a faccia con il papa. I due si ritirano in una tenda e parlano a lungo da soli. Che cosa si siano detti la storia non è in grado di riferirlo, ma quello che avviene poi è di sicuro stupefacente: gli Unni levano le tende, si rimettono viaggio e tornano indietro. Attila morirà in Germania l’anno dopo, lasciando dietro di sè la fama di una crudeltà e di una ferocia forse un po’ immeritata. Lo chiamarono il “”flagello di Dio”” ma si era arreso proprio davanti a Dio. Forse non fu per rispetto religioso, forse si trattò di timore superstizioso, tuttavia già allora si gridò al miracolo e Mantova conservò la fama di questo incontro sul suo territorio, incontro che salvò veramente le sorti dell’Italia di allora, fermando i barbari in riva al Mincio.

Sul luogo dove avvenne, nel 452, lo storico incontro tra Attila e papa Leone, gli studiosi hanno scritto infinite pagine e molti paesi del mantovano si contendono questo privilegio. I documenti che ne parlano sono pochissimi: sembra certo che Attila si sia accampato a nord del Mincio, in una località detta Ambulejo, di cui però non si trova traccia sicura. L’ipotesi considerata più probabile resta Governolo, dove il Mincio entra in Po, ma Mincio e Po, nel V secolo d. C., seguivano lo stesso percorso di oggi?Lo storico Davari sostiene addirittura che l’incontro si sia svolto a bordo di un traghetto, sul fiume. Tutte le ipotesi comunque sfumano nella leggenda e le candidature, più o meno probabili, si sprecano. Ma forse è meglio così: il successo di quell’incontro resta esaltato proprio dal mistero e dai suoi effetti miracolosi.

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