Convivium – Fegato e fichi

Convivium – Fegato e fichi

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La fame, il fegato e i fichi

La paura di morir di fame ha rappresentato lo stimolo più potente di ogni modo di agire nel corso di tutta la storia del genere umano. Ovunque i padroni del cibo hanno dominato (e dominano) sugli affamati, e su di loro hanno esercitato (ed esercitano) il potere di provocare la fame e di soddisfarla.

Anche se oggi potrebbe sembrare cosa anacronistica, la possibilità di procacciarsi il cibo è sempre stata la misura di ogni avvenimento. I libri di storia ci raccontano di guerre, invasioni, pestilenze, carestie e tanti altri disastri; la fame rimane però sempre nascosta dietro alle vicende. La fame deve essere intuita tra le righe.

In questa puntata di Convivium voglio raccontarvi di un cuoco che morì per la paura di morir di fame.

Il suo nome è Apicio ed è il più famoso gastronomo dell’antica Roma di cui ci sia giunta notizia. Stando al racconto che ne fa Seneca, fu proprio la paura di morir di fame che spinse Apicio al suicidio. Egli dedicò gran parte della sua vita ai piaceri della cucina, spendendo somme folli nelle raffinatezze della tavola e nell’organizzazione di banchetti. Quando infine si accorse che stava finendo i soldi, colto dalla paura della fame, egli si avvelenò.

Viene spesso citato come cuoco personale dell’imperatore Tiberio e come uno dei primi a esercitare questa professione. Ovviamente non possiamo avere la certezza che Apicio sia stato il primo cuoco in assoluto ma, sicuramente, possiamo dire che è stato uno dei personaggi più noti all’epoca e uno dei più influenti, capace di condizionare il successivo sviluppo della cucina e della gastronomia nel periodo medievale e rinascimentale.

Di lui ci rimane oggi il “De re coquinaria”, un manuale di cucina che può essere considerato il primo ricettario della storia. In questo libro ci sono indicazioni su come conservare i cibi, come distinguere un alimento cattivo da uno buono, suggerimenti per la preparazione della cacciagione e una lista di improbabili manicaretti, per noi oggi del tutto incomprensibili, come talloni di dromedario, creste di volatili vivi, utero di scrofa sterile o lingue di pappagalli, usignoli, pavoni e fenicotteri. Insomma, quella di Apicio era una cucina stravagante ideata per stupire, rivolta a una ristretta cerchia di persone ricche ed estrose.

La notorietà del personaggio ha alimentato nel corso dei secoli un gran numero di aneddoti e dicerie, molte delle quali difficili da credere o da provare. Si dice, ad esempio, che nutrisse le murene con la carne degli schiavi e i maiali con fichi secchi e mosto dolce per ottenerne un fegato dal gusto particolarmente saporito.

Secondo Plinio il Vecchio, inoltre, Apicio sarebbe l’inventore del foie gras. Pare infatti che facesse ingrassare le oche ingozzandole di fichi secchi e di vino mescolato con miele, per rendere il loro fegato più grasso e quindi più gustoso.

Una prelibatezza che divenne talmente di moda da influenzare sia i palati sia il dizionario latino. I romani usavano all’inizio la parola “iecur” per indicare il fegato. In seguito alle innovazioni di Apicio cominciarono a chiamare “iecur ficatum” il fegato degli animali ingrassati con diete a base di fichi. Più tardi lo “iecur” si perse per strada, mentre il “ficatum” rimase sulle tavole imbandite e finì per arrivare fino a noi in quello che oggi chiamiamo fegato.

Come ricetta della settimana voglio pertanto proporvi il fegato cotto alla brace secondo la ricetta di Apicio.

Ingredienti: fegato di maiale, aceto, pepe, sedano, bacche di alloro, sale, budelli di maiale.

Preparazione: tagliare a pezzetti del fegato e metterlo in una marinata composta di aceto, pepe macinato, sedano tritato e bacche di alloro. Lasciare a riposare per un’intera notte quindi ritirare i pezzi di fegato dalla marinata, salarli, peparli, e riempirci dei piccoli budelli, avendo cura di legarli bene. Preparare, infine, una griglia unta e rovente e arrostirci il ficatum.

Buon appetito e a risentirci la settimana prossima!

 

Twitter: @Convivium_RB

Immagine: Mosaico con scena di banchetto romano, da Aquileia, V sec.

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