Una Mela al Giorno: il diabete (11/2/11)

Una Mela al Giorno: il diabete (11/2/11)

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Sintomatologia, diagnosi e terapie

Intervista al prof. Pierpaolo Vescovi

Il diabete è una malattia cronica caratterizzata dalla presenza di elevati livelli di glucosio nel sangue (iperglicemia) e dovuta a un’alterata quantità o funzione dell’insulina. L’insulina è l’ormone, prodotto dal pancreas, che consente al glucosio l’ingresso nelle cellule e il suo conseguente utilizzo come fonte energetica. Quando questo meccanismo è alterato, il glucosio si accumula nel circolo sanguigno.

Nona puntata di “”Una mela al giorno, condotta da Valeria Dalcore: al microfono di Radiobase, il primario di Medicina Generale dell’Ospedale Carlo Poma, il professor Pierpaolo Vescovi.

Diabete tipo 1
Riguarda circa il 10% delle persone con diabete e in genere insorge nell’infanzia o nell’adolescenza. Nel diabete tipo 1, il pancreas non produce insulina a causa della distruzione delle cellule ß che producono questo ormone: è quindi necessario che essa venga iniettata ogni giorno e per tutta la vita. La velocità di distruzione delle ß-cellule è, comunque, piuttosto variabile, per cui l’insorgenza della malattia può avvenire rapidamente in alcune persone, solitamente nei bambini e negli adolescenti, e più lentamente negli adulti (in questi rari casi si parla di una forma particolare, detta LADA: Late Autommune Diabetes in Adults).

La causa del diabete tipo 1 è sconosciuta, ma caratteristica è la presenza nel sangue di anticorpi diretti contro antigeni presenti a livello delle cellule che producono insulina, detti ICA, GAD, IA-2, IA-2ß. Questo danno, che il sistema immunitario induce nei confronti delle cellule che producono insulina, potrebbe essere legato a fattori ambientali (tra i quali, sono stati chiamati in causa fattori dietetici) oppure a fattori genetici, individuati in una generica predisposizione a reagire contro fenomeni esterni, tra cui virus e batteri. Quest’ultima ipotesi si basa su studi condotti nei gemelli monozigoti (identici) che hanno permesso di dimostrare che il rischio che entrambi sviluppino diabete tipo 1 è del 30-40%, mentre scende al 5-10% nei fratelli non gemelli e del 2-5% nei figli. Si potrebbe, quindi, trasmettere una “predisposizione alla malattia” attraverso la trasmissione di geni che interessano la risposta immunitaria e che, in corso di una banale risposta del sistema immunitario a comuni agenti infettivi, causano una reazione anche verso le ß cellule del pancreas, con la produzione di anticorpi diretti contro di esse (auto-anticorpi). Questa alterata risposta immunitaria causa una progressiva distruzione delle cellule ß, per cui l’insulina non può più essere prodotta e si scatena così la malattia diabetica.

Per questo motivo, il diabete di tipo 1 viene classificato tra le malattie cosiddette “autoimmuni”, cioè dovute a una reazione immunitaria diretta contro l’organismo stesso. Tra i possibili agenti scatenanti la risposta immunitaria, sono stati proposti i virus della parotite (i cosiddetti “”orecchioni””), il citomegalovirus, i virus Coxackie B, i virus dell’encefalomiocardite. Sono poi in studio, come detto, anche altri possibili agenti non infettivi, tra cui sostanze presenti nel latte.

Diabete tipo 2
È la forma più comune di diabete e rappresenta circa il 90% dei casi di questa malattia. La causa è ancora ignota, anche se è certo che il pancreas è in grado di produrre insulina, ma le cellule dell’organismo non riescono poi a utilizzarla. In genere, la malattia si manifesta dopo i 30-40 anni e numerosi fattori di rischio sono stati riconosciuti associarsi alla sua insorgenza. Tra questi: la familiarità per diabete, lo scarso esercizio fisico, il sovrappeso e l’appartenenza ad alcune etnie. Riguardo la familiarità, circa il 40% dei diabetici di tipo 2 ha parenti di primo grado (genitori, fratelli) affetti dalla stessa malattia, mentre nei gemelli monozigoti la concordanza della malattia si avvicina al 100%, suggerendo una forte componente ereditaria per questo tipo di diabete.
Il diabete tipo 2 in genere non viene diagnosticato per molti anni in quanto l’iperglicemia si sviluppa gradualmente e inizialmente non è di grado severo al punto da dare i classici sintomi del diabete. Solitamente la diagnosi avviene casualmente o in concomitanza con una situazione di stress fisico, quale infezioni o interventi chirurgici.

Il rischio di sviluppare la malattia aumenta con l’età, con la presenza di obesità e con la mancanza di attività fisica: questa osservazione consente di prevedere strategie di prevenzione “primaria”, cioè interventi in grado di prevenire l’insorgenza della malattia e che hanno il loro cardine nell’applicazione di uno stile di vita adeguato, che comprenda gli aspetti nutrizionali e l’esercizio fisico.

Diabete gestazionale
Si definisce diabete gestazionale ogni situazione in cui si misura un elevato livello di glucosio circolante per la prima volta in gravidanza. Questa condizione si verifica nel 4% circa delle gravidanze. La definizione prescinde dal tipo di trattamento utilizzato, sia che sia solo dietetico o che sia necessaria l’insulina e implica una maggiore frequenza di controlli per la gravida e per il feto.

Segni e sintomi
La sintomatologia di insorgenza della malattia dipende dal tipo di diabete. Nel caso del diabete tipo 1 di solito si assiste a un esordio acuto, spesso in relazione a un episodio febbrile, con sete (polidipsia), aumentata quantità di urine (poliuria), sensazione si stanchezza (astenia), perdita di peso, pelle secca, aumentata frequenza di infezioni. Nel diabete tipo 2, invece, la sintomatologia è più sfumata e solitamente non consente una diagnosi rapida, per cui spesso la glicemia è elevata ma senza i segni clinici del diabete tipo 1.

Diagnosi
I criteri per la diagnosi di diabete sono:
sintomi di diabete (poliuria, polidipsia, perdita di peso inspiegabile) associati a un valore di glicemia casuale, cioè indipendentemente dal momento della giornata, ≥ 200 mg/dl
oppure
glicemia a digiuno ≥ 126 mg/dl. Il digiuno è definito come mancata assunzione di cibo da almeno 8 ore.
oppure
glicemia ≥ 200 mg/dl durante una curva da carico (OGTT). Il test dovrebbe essere effettuato somministrando 75 g di glucosio.
Esistono, inoltre, situazioni cliniche in cui la glicemia non supera i livelli stabiliti per la definizione di diabete, ma che comunque non costituiscono una condizione di normalità. In questi casi si parla di Alterata Glicemia a Digiuno (IFG) quando i valori di glicemia a digiuno sono compresi tra 100 e 125 mg/dl e di Alterata Tolleranza al Glucosio (IGT) quando la glicemia due ore dopo il carico di glucosio è compresa tra 140 e 200 mg/dl. Si tratta di situazioni cosiddette di “pre-diabete”, che indicano un elevato rischio di sviluppare la malattia diabetica anche se non rappresentano una situazione di malattia. Spesso sono associati a sovrappeso, dislipidemia e/o ipertensione e si accompagnano a un maggior rischio di eventi cardiovascolari.

Complicanze del diabete
Il diabete può determinare complicanze acute o croniche. Le complicanze acute sono più frequenti nel diabete tipo 1 e sono in relazione alla carenza pressoché totale di insulina. In questi casi il paziente può andare incontro a coma chetoacidosico, dovuto ad accumulo di prodotti del metabolismo alterato, i chetoni, che causano perdita di coscienza, disidratazione e gravi alterazioni ematiche.
Nel diabete tipo 2 le complicanze acute sono piuttosto rare, mentre sono molto frequenti le complicanze croniche che riguardano diversi organi e tessuti, tra cui gli occhi, i reni, il cuore, i vasi sanguigni e i nervi periferici.
Fattori di rischio
Le complicanze croniche del diabete possono essere prevenute o se ne può rallentare la progressione attraverso uno stretto controllo di tutti i fattori di rischio correlati.
Glicemia ed emoglobina glicata (HbA1c). Sono stati effettuati importanti studi clinici che hanno evidenziato l’importanza di un buon controllo metabolico per prevenire l’insorgenza di complicanze. I livelli medi di glicemia nel corso della giornata possono essere valutati mediante la misurazione dell’emoglobina glicata (HbA1c%). L’emoglobina, che è normalmente trasportata dai globuli rossi, può legare il glucosio in maniera proporzionale alla sua quantità nel sangue. In considerazione del fatto che la vita media del globulo rosso è di tre mesi, la quota di emoglobina cui si lega il glucosio sarà proporzionale alla quantità di glucosio che è circolato in quel periodo. Otteniamo, quindi, una stima della glicemia media in tre mesi. Nei soggetti non diabetici, il livello d’emoglobina glicata si mantiene attorno al 4-7 per cento, che significa che solo il 4-7 per cento di emoglobina è legato al glucosio. Nel paziente diabetico questo valore deve essere mantenuto entro il 7% per poter essere considerato in “buon controllo metabolico”
Nei diabetici c’è un aumentato rischio di malattia cardiovascolari, quindi il controllo della pressione sanguigna è particolarmente importante, in quanto livelli elevati di pressione rappresentano già un fattore di rischio. Il controllo della pressione sanguigna può prevenire l’insorgenza di patologie cardiovascolari (malattie cardiache e ictus) e di patologie a carico del microcircolo (occhi, reni e sistema nervoso)
controllo dei lipidi nel sangue. Anche le dislipidemie rappresentando un aggiuntivo fattore di rischio per le patologie cardiovascolari. Un adeguato controllo del colesterolo e dei lipidi (HDL, LDL e trigliceridi) può infatti ridurre l’insorgenza di complicanze cardiovascolari, in particolare nei pazienti che hanno già avuto un evento cardiovascolare.

Interventi terapeutici
La terapia della malattia diabetica ha come cardine l’attuazione di uno stile di vita adeguato. Per stile di vita si intendono le abitudini alimentari, l’attività fisica e l’astensione dal fumo.
La dieta del soggetto con diabete (definita negli USA: Medical Nutrition Theraphy, cioè terapia medica nutrizionale) ha l’obiettivo di ridurre il rischio di complicanze del diabete e di malattie cardiovascolari attraverso il mantenimento di valori di glucosio e lipidi plasmatici e dei livelli della pressione arteriosa il più possibile vicini alla normalità.

In linea di massima, si raccomanda che la dieta includa carboidrati, provenienti da frutta, vegetali, grano, legumi e latte scremato, non inferiori ai 130 g/giorno ma controllando che siano assunti in maniera equilibrata, attraverso la loro misurazione e l’uso alternativo. Evitare l’uso di saccarosio, sostituibile con dolcificanti. Come per la popolazione generale, si raccomanda di consumare cibi contenenti fibre. Riguardo i grassi, è importante limitare il loro apporto a <7% delle calorie totali giornaliere, con particolare limitazione ai grassi saturi e al colesterolo. Un’attività fisica di tipo aerobico e di grado moderato per almeno 150 minuti a settimana oppure di tipo più intenso per 90 minuti a settimana è raccomandata per migliorare il controllo glicemico e mantenere il peso corporeo. Dovrebbe essere distribuita in almeno tre volte a settimana e con non più di due giorni consecutivi senza attività. Come per la popolazione generale si consiglia di non fumare, e a tale scopo dovrebbe essere prevista una forma di sostegno alla cessazione del fumo come facente parte del trattamento del diabete. I diabetici tipo 1 hanno necessità di regolare in maniera più stretta la terapia insulinica all’apporto dietetico e all’attività fisica, mentre per i diabetici tipo 2, che in genere sono anche sovrappeso o francamente obesi, assume maggior importanza un adeguato stile di vita che comprenda riduzione dell’apporto calorico, soprattutto dai grassi, e aumento dell’attività fisica per migliorare glicemia, dislipidemia e livelli della pressione arteriosa.

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