6 febbraio

6 febbraio

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Una storia, una curiosità, un avvenimento da ricordare

Almanaccando

Days of grace, giorni di grazia, è il titolo di un libro. L’autore è un tennista e si chiama Arthur Ashe. Racconta la storia della sua vita. Una grande storia. La storia di uno che può fregiarsi di avere fatto molte cose per primo, quando oltre che raro era anche pericoloso. Ashe è nero e comincia a giocare a tennis negli anni ’50, quando ancora i campi sono divisi per razze; il babbo fa il custode di un campo da tennis pubblico, la mamma lavora come colf, in quella fascia sociale che senza perbenismi viene ancora chiamata servitù. Alto, slanciato, elegantissimo, Ashe gioca con gli occhiali da vista, spesso colpisce a rete dopo il servizio. Il ragazzo vince un torneo dopo l’altro e arriva in nazionale. È il primo tennista nero a vincere a Wimbledon; fonda il sindacato dei tennisti; visita il Sudafrica dov’era impossibile giocare durante l’apartheid. Si trasforma in uno spot quotidiano all’antirazzismo, e lo rivendica. Days of grace non è soltanto il libro di memorie dell’atleta nero più amato e rispettato della storia americana. È anche una riflessione sul mondo dello sport, un manifesto politico, una lezione di vita. È il testamento di un figlio del ghetto del profondo sud diventato eroe popolare, di uno dei grandi protagonisti dell’American dream. Il 6 febbraio del 1993, a New York, Arthur Ashe muore per Aids. Ha 49 anni. Aveva contratto il virus durante una trasfusione. “”L’Aids”” scrive nel libro “”non è stato il peso più assillante della mia esistenza, lo è stato la mia negritudine””.
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