Matilde di Canossa la gran Contessa

Matilde di Canossa la gran Contessa

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a cura di Maria Vittoria Grassi

Andar per Mantova 15 aprile

Buona giornata alle ascoltatrici e agli ascoltatori di radio Base da Maria Vittoria Grassi e benvenuti a questo nuovo Andar per Mantova. E’ tempo di dedicare un po’ di attenzione ad uno dei personaggi della nostra storia mantovana, diventato famoso e potente nell’Europa di Novecento anni fa, e ad uno dei luoghi sacri più significativi del nostro territorio, in cui questo personaggio lasciò la sua impronta per secoli. Ovviamente tutti voi, miei fedeli o infedeli ascoltatori avrete già indovinato che sto parlando di Matilde di Canossa, la gran Contessa, e del monastero di san Benedetto in Polirone. Da qualche giorno, per celebrare il nono centenario della morte di Matilde (1115), è stato inaugurato un percorso – mostra, che si articola dalla basilica di S. Benedetto agli ambienti più importanti del monastero. Viene anche tracciato un itinerario di luoghi e terre matildiche, con l’indicazione, in 23 totem, delle pievi, delle chiese, del territorio che i monaci di S. Benedetto e i coloni alle loro dipendenze dissodarono, disboscarono e coltivarono, trasformando il paesaggio dell’Oltrepò mantovano nel fertile e ricco territorio che oggi possiamo percorrere.
Ma anzitutto è opportuno tracciare un profilo di Matilde, da cui tutto questo ebbe inizio. Matilde, erede di una illustre casata, quella dei Canossa (il cui stemma parlante era, ovviamente l’immagine di un grosso cane con un osso in bocca) nacque nel 1046 da Bonifacio di Canossa e Beatrice di Lorena. I Canossa possedevano già, alle origini del loro dominio, una roccaforte imprendibile nel cuore dell’Appennino, un castello fondato nel 907 da Adalberto Atto di Canossa a quasi 600 metri di altezza. Bonifacio di Canossa, marchese di Toscana, padre di Matilde, era un signore potente e prepotente, che uno dei suoi molti nemici uccise, durante una battuta di caccia, con una freccia avvelenata. Beatrice, la madre, contessa di Lorena, era cugina dell’imperatore di Germania Enrico III. Con una simile famiglia alle spalle, Matilde seppe ritagliarsi, tra i protagonisti della storia del suo tempo, un suo ruolo importantissimo, ancora più notevole perché rappresentato da una donna. Seppe infatti inserirsi e gestire i rapporti tra il papato e l’impero, restando in primo piano in un periodo storico politico e religioso quanto mai difficile e complesso. Si era infatti al tempo della cosiddetta “”lotta per le investiture””, quando papa Gregorio VII guidava una dura battaglia per la riforma della Chiesa e per l’autonomia della Chiesa dalle ingerenze dell’ Imperatore. In questo scontro Matilde divenne mediatrice e assistette alla leggendaria umiliazione dello scomunicato imperatore Enrico IV, che ottenne il perdono papale appunto umiliandosi a Canossa, come tutti abbiamo studiato a scuola nei libri di storia e come ci ricorda il famoso detto popolare “”venire a Canossa””. Vale la pena riportare in proposito quanto dice dell’episodio il monaco Donizone che è considerato il biografo di Matilde, quasi un testimone dell’epoca:
In quell’anno gennaio (1077)aveva portato più neve del solito e un freddo pungente e intenso. Il papa concesse che l’imperatore venisse al suo cospetto, a piedi nudi, gelati dal freddo. Il re, prostrato a terra in forma di croce, supplicò: “Perdonami, o padre beato; o pio, perdonami, te ne scongiuro”. Il papa, vedendolo piangere così, provò compassione: lo benedisse, gli diede pace ed infine cantò una messa per lui, impartendogli la comunione.
Ma Matilde non fu solo questo, una donna potente, abile politica, colta e battagliera. Seppe scegliersi come sostegno e consigliere Anselmo di Baggio, vescovo di Lucca, che divenne poi santo protettore di Mantova. Così Matilde deve anche essere ricordata come devota, autentica sostenitrice della santità e dell’integrità della Chiesa, sinceramente impegnata nell’appoggiare l’attività riformatrice del Papa. sempre il monaco Donizone scrive di lei: “”Matilde, splendente fiaccola che arde in cuore pio. aumentò in numero armi, volontà e vassalli, profuse il proprio principesco tesoro, causò e condusse battaglie. Se dovessi citare ad una ad una le opere compiute da questa nobile signora, i miei versi aumenterebbero a tal punto da divenire innumerevoli come le stelle””. Può sembrare un po’ iperbolica come descrizione, ma effettivamente Matilde lasciò un segno nella storia. Eppure la sua vita privata fu piena più di ombre che di luci. Ebbe due mariti, che sopportò più che apprezzare, e nessun figlio a cui lasciare eredità di affetti o di potere. A Mantova la residenza dei Canossa è tuttora oggetto di disputa tra gli studiosi: alcuni la collocano nell’area tra le piazze Erbe e Broletto, altri nella civitas vetus, in piazza Sordello. I rapporti tra Matilde e i mantovani non furono comunque sempre tranquilli anche se si conclusero, prima della sua morte, nel 1115, con un ultimo giuramento di fedeltà da parte di mantovani. Neanche dopo la morte Matilde ottenne la pace che avrebbe voluto. Fu sepolta in un primo tempo, per sua espressa volontà, nel Monastero di San Benedetto al Polirone, a cui aveva tenuto tanto in vita, ma fu poi, nel 1633, per volontà del papa Urbano VIII, trasferita a Roma, dove attualmente si trova nella Basilica di san Pietro. Una delle più famose immagini della gran contessa, commissionata per il luogo di sepoltura a S. Benedetto, raffigura Matilde a cavallo mentre tiene nella mano destra una melagrana. La melagrana quindi può rappresentare simbolicamente la forza e l’importanza di questo personaggio: un frutto che rappresenta il potere e la regalità nell’abbondanza dei suoi chicchi, numerosi ma uniti insieme in un’ unica splendente bacca, ricca di succo.
Ed ora dunque, alla prossima puntata di Andar per Mantova!

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