Convivium – La punizione dell’oca

Convivium – La punizione dell’oca

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La punizione dell’oca

Un saluto e bentrovati a tutti gli ascoltatori!

Siamo in prossimità della ricorrenza di San Martino. Questa festività, un tempo considerata non lavorativa, è nota anche per essere la data di chiusura dell’annata agricola, quindi una sorta di capodanno.

Martino nacque in Pannonia, l’attuale Ungheria, all’inizio del quarto secolo. Divenne vescovo di Tours, nelle Gallie, intorno al 370. Fu un autorevole predicatore, il fondatore dei primi monasteri in Francia e un accanito oppositore dei culti pagani. La sua influenza si estese durante il medioevo in tutta l’Europa e molte chiese gli furono dedicate un po’ ovunque. Nelle rappresentazioni artistiche il Santo appare quasi sempre a cavallo, colto nell’atto di dividere in due il suo mantello per donarlo a un poveretto infreddolito e, talvolta, ai suoi piedi è raffigurata un’oca. Il cibo tradizionale per l’11 di novembre è, infatti, l’oca.

La tradizione di mangiare l’oca a San Martino ha diverse spiegazioni. Qualcuno la collega al fatto che in questo periodo le oche selvatiche migrano verso sud, per cui è più facile cacciarle. Altri fanno riferimento all’oca come simbolo dell’Aldilà e guida dei pellegrini e San Martino, oltre che di fuggitivi e pastori, è il patrono di viandanti e pellegrini. Tuttavia la spiegazione più convincente è quella connessa alla leggenda del Santo che, nascostosi per modestia tra le oche per evitare l’elezione a Vescovo di Tours, venne scovato a causa del loro schiamazzo. Dovette quindi fare il vescovo per colpa delle oche e da qui nascerebbe la “punizione” gastronomica dell’animale.

L’oca era allevata già all’epoca dei Romani che ne apprezzavano non solo le sapide carni, ma anche il celebrato fegato che, come abbiamo visto in una precedente puntata, ingrassavano nutrendole con fichi.

La vera diffusione dell’oca nel nostro territorio risale però al Quattrocento, quando alcune comunità ebraiche provenienti dall’Europa settentrionale si stabilirono in varie regioni della penisola. Non potendo per motivi religiosi consumare carne di maiale, i loro macellai cominciarono a usare l’oca nella preparazione di prosciutti e salami adottando gli stessi procedimenti di lavorazione del suino, contribuendo così a incrementare gli allevamenti di questo pennuto.

Oltre che per gli ebrei, l’oca costituì per secoli una riserva invernale di grassi e proteine anche per i contadini. La definivano il “porcellino dei poveri” perché, proprio come succede per il maiale, di questo animale non si buttava via nulla: oltre alla carne e al grasso offriva anche piume per le trapunte, stuzzicadenti e penne per scrivere o per abbellire i cappelli.

La tradizione di mangiare oca l’11 di novembre è diffusa in mezza Europa. Gli svizzeri la mangiano ripiena di fette finissime di mele. In Germania la si riempie invece di artemisia profumata, mele, marroni glassati col miele, uva passita e le stesse interiora dell’animale. In Boemia non solo la mangiano ma ne traggono anche le previsioni per l’inverno: se le ossa spolpate sono bianche, l’inverno sarà breve e mite; se sono scure ci sarà molta pioggia, neve e freddo.

Veniamo però alla ricetta dell’oca ripiena di San Martino.

Per il ripieno procedete in questo modo: prendete alcune decine di castagne arrostite, mettetele in una casseruola con due etti di salsiccia, il fegato dell’oca tagliato fine, un pezzo di burro, prezzemolo, erba cipollina, scalogno, uno spicchio d’aglio tritato finemente. Passate il tutto sul fuoco per un quarto d’ora, aggiustando di sale.

Con una parte del composto così ottenuto imbottite un’oca disossata, ricucitela e passatela in forno a 150°, in una teglia irrorata di strutto oppure olio. La cottura di questa oca esige almeno due ore, quindi organizzatevi per tempo. Mentre l’oca cuoce cospargetela con sale fino e innaffiatela spesso con il suo grasso, facendo in modo che diventi dorata da ambo le parti.

Nel frattempo prendete la rimanenza delle castagne e mettetela in una casseruola con un bicchiere di vino bianco, due cucchiai di brodo, un po’ di sale e riducete a salsa ristretta. Questa vi servirà per accompagnare l’oca di San Martino, che presenterete tagliata a pezzi insieme con del sedano crudo o della misticanza fresca.

Buon appetito e a risentirci la settimana prossima!

 

Immagine tratta dal Calendario Veronesi 2011

@Convivium_RB

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