Che fatica invecchiare!

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Il sarcofago con le dodici fatiche di Ercole di Palazzo Duca

Pareri Rudi-mentali

Pittori e scultori, fin dall’antichità, si sono sforzati di raffigurare le diverse età della vita dell’uomo, come simbolo del trascorrere del tempo. Il modo escogitato più efficace è stato quello di rappresentare la vita divisa in tre fasi: la giovinezza, la maturità e la vecchiaia.
Nel ritrarre soggetti femminili questa distinzione è facilitata dalle forme: la bimba avrà meno curve della donna fertile, l’anziana sarà raggrinzita e rugosa. Col maschio, invece, gli artisti hanno potuto giocare con il suo elemento peloso: il giovane è delineato con un viso imberbe e liscio, l’uomo maturo con una folta barba nera e il vecchio con una lunga barba bianca.
Molti sono gli esempi illustri di questo trimorfismo che si rintracciano nel corso della storia dell’arte. Potremmo ricordare, solo per citarne alcuni tra i più conosciuti, le innumerevoli versioni dei tre Re Magi, che dall’alto medioevo in poi sono perlopiù dipinti e scolpiti di tre età diverse. Oppure menzionare le rappresentazioni di Enea Anchise e Ascanio, rispettivamente padre nonno e nipotino, che insieme fuggono da Troia. O, infine, citare il celeberrimo quadro di Tiziano con l’allegoria della Prudenza, raffigurata da tre ritratti con tre età diverse, poiché bisogna avere la memoria del passato (il vecchio) e la consapevolezza del presente (l’uomo maturo) per essere prudenti nel futuro (il giovinetto).
A Mantova, tuttavia, esiste un’opera assolutamente rara da questo punto di vista, nella quale le età della vita dell’uomo sono descritte in ben dodici puntate. Si tratta del fronte di un sarcofago marmoreo di epoca romana, conservato in Palazzo Ducale, databile al III secolo d.C., nel quale è scolpito a bassorilievo il tema del “dodékathlos”, ovvero il leggendario ciclo delle dodici fatiche di Ercole.
Il mito racconta che Ercole, resosi responsabile della morte della sua famiglia, fu costretto a superare queste imprese per espiare la sua colpa, affrontando leoni dalla pelle impossibile da scalfire, serpenti dalle molteplici teste, uccelli in grado di sparare piume affilate come lame e molti altri mostri che l’eroe, con coraggio e astuzia, riuscì sempre a sconfiggere.
In questo rilievo mantovano, acquistato verso la fine del Cinquecento da Vespasiano Gonzaga per la sua Sabbioneta e solo più tardi arrivato a Palazzo Ducale, le fatiche di Ercole sono scandite nel trascorrere della sua vita. Una progressione di virilità scandita in dodici tappe, una per ogni sua mitica impresa.
Nella prima, nella quale lotta a mani nude contro il leone, Ercole è rappresentato come un ragazzino, senza alcun pelo che segni il suo volto. Ma, fatica dopo fatica, la sua età pian piano avanza. E, come succede a un giovane in pubertà, gradualmente le sue basette si allungano e una lanugine sempre più folta va a coprirgli gote e mento, fino a che, nelle ultime fatiche, una folta barba avvolgerà la sua fisionomia, come si conviene a un uomo che ha già raggiunto la maturità e si avvia verso la canuta vecchiaia.
L’antica usanza romana di raffigurare il ciclo con le fatiche di Ercole sui sarcofagi stava a simboleggiare una sorta di cammino spirituale che approdava al perpetuo riposo. Le fatiche di Ercole dovevano ricordare che, per approdare alla virtù, l’uomo deve superare molte sollecitudini nel corso dell’intera vita terrena, domando i suoi vizi e le sue sregolate passioni.
La tipologia di questo bassorilievo mantovano, come detto, è assai rara. Solo altri due esempi mi sono noti di questo modo di rappresentare Ercole che invecchia nel corso delle sue fatiche, entrambi scolpiti su dei raffinatissimi sarcofagi romani del III secolo: uno sta al museo civico di Velletri e l’altro in Turchia, nel museo archeologico di Konya.
Da qualche parte, inoltre, ho letto che un’ulteriore testimonianza dovrebbe trovarsi nella grandiosa antica città di Leptis Magna, in Tripolitania. Nel corso delle recenti vicende libiche, però, pare che molti guerriglieri si siano rifugiati in quel sito archeologico per non farsi bersagliare dall’artiglieria governativa. Speriamo non abbiano fatto molti danni e che anche quell’Ercole possa continuare a invecchiare.
[rudy favaro]

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