donna woman femme

donna woman femme

Condividi

Rametti di mimosa per l’otto di marzo

Pareri Rudi-mentali (dell'8/3/09)

Anche quest’anno l’otto di marzo sarà colorato da striminziti rametti di mimosa. Non le eteree inflorescenze violacee della mimosa pudica, ma i lanuginosi bottoncini gialli della più comune acacia dealbata che, come vuole la prassi, già il nove marzo sarà secca e ispida.
Per tale occasione, per l’otto di marzo, vorrei evidenziare, a chi mi legge e a chi mi ascolta, la curiosa differenza sostanziale che occorre nell’etimologia della parola “donna” nella lingua italiana, in quella inglese e in quella francese: donna, woman, femme.
Il termine italiano ‘donna’ deriva dal latino ‘domina’, cioè la ‘’signora’, la ‘padrona’, ‘colei che governa (la casa)’, cioè, in sintesi, ‘colei che comanda’.
Il termine inglese ‘woman’ è di origine germanica, ed è formato dal prefisso ‘wo’, letteralmente ‘cose di’, e dal termine ‘man’, ‘uomo’. Quindi ‘woman’ è ‘cosa dell’uomo’; in sintesi, persona sottomessa.
Il termine francese ‘femme’ indica invece sia la ‘femmina’ sia la ‘moglie’. La donna, in lingua francese, ha pertanto, in sintesi, una connotazione tutta sessuale.
Mi piace qui pensare che, se la tesi antica, latina, di una donna ‘padrona e signora che comanda’ è stravolta dall’antitesi germanica di una donna ‘che appartiene all’uomo’, la lingua neoromanza, moderna, riporta alla sintesi i due concetti, e fa della donna sia il soggetto femminile (più debole e assoggettato al maschio) sia la figura della moglie (colei che comanda, appunto…).
Ritornando però alla serietà, e lasciando per un attimo le bugie sociali che dividono uomo da donna, constato che anche quest’anno ci sarà la giornata della donna; e il fragore su stupro, sesso, maternità e aborto ne violenterà una volta di più le vittime. I protagonisti della giornata non saranno ancora una volata le donne, ma saranno gli altri: i registi, i violentatori, i giudici, i politici, i medici… E, ancora una volta, i rametti di mimosa.
Ma perché l’otto marzo? Per ricordare la “”marcia delle pentole vuote”” (1857, New York), o le 129 operaie che l’8
   marzo del 1908 sarebbero arse vive nell’incendio della Cotton di Chicago (di Boston, vogliono altri), oppure
    ancora il terribile incendio – questo verissimo, con 148 vittime di entrambi i sessi – alla Triangle Shirtwaist
     Company di New York, avvenuto peraltro il 25 e non l’8 marzo (1911). Una gran confusione, molte favole.
         È certo soltanto che la data venne scelta a Mosca nel 1921, dalla Seconda conferenza delle donne
                comuniste, per commemorare il giorno del 1917 (23 febbraio = 8 marzo del calendario
                 gregoriano) in cui anche le donne, a Pietrogrado, scesero in piazza contro il regime
                     zarista. Ma quella di febbraio era stata una rivoluzione ‘borghese’, sempre più
                            imbarazzante da celebrare. Anche nel pianeta marxista-leninista
                                        si consolidò la leggenda delle operaie americane
                                            della Cotton uccise dal padrone-piromane.
                                                  Hanno intensa fragranza ideologica
                                                                 questi striminziti
                                                                        fiorellini
                                                                           gialli
                                                                              .

***
«… le donne nelle assemblee tacciano perché non è loro permesso parlare; stiano invece sottomesse, come dice anche la legge. Se vogliono imparare qualche cosa, interroghino a casa i loro mariti, perché è sconveniente per una donna parlare in assemblea…» (Prima Epistola ai Corinzi, XIV, 34-35).
sic![r.favaro]

Condividi