Il seno per i Giusti

Il seno per i Giusti

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Una rara immagine affrescata nel Palazzo della Ragione

Pareri Rudi-mentali (del 2/5/09)

Il Palazzo della Ragione di Mantova fa parte di quel nucleo di edifici cittadini sorti in epoca medioevale. Venne edificato intorno al XI-XII secolo per assolvere alle funzioni civili pubbliche comunali e destinato ad accogliere le assemblee e le adunanze cittadine e, in caso di cattivo tempo, il mercato che si teneva nella piazza sottostante. L’edificio fu nel corso dei secoli più volte modificato. Nel Quattrocento vennero eretti i portici e fu innalzata la Torre dell’Orologio. Nel Settecento furono chiuse le trifore duecentesche ed aperte ampie e luminose finestre.
Adibito per secoli all’amministrazione della giustizia, dal 1997 è divenuto sede espositiva dei Musei Civici di Mantova, ospitando numerose ed importanti mostre d’arte organizzate dall’amministrazione comunale. Tali mostre sono allestite nell’ampio e imponente salone del piano superiore, sulle cui pareti sono visibili i resti di notevoli affreschi medievali, databili intorno tra la fine del XII e il XIII secolo.
Tra questi affreschi è di notevole interesse l’episodio, alquanto lacunoso ma ancora leggibile nella sua sostanza, con la rara raffigurazione simbolica del Paradiso sotto forma dei tre maggiori patriarchi: Abramo, Isacco e Giacobbe, capostipiti della stirpe ebrea, i quali reggono una specie di grande fazzoletto riempito di omini.
Nel medioevo questa immagine era una comoda ed efficace allegoria del Paradiso: le figure dei Patriarchi, seduti, accolgono nel loro grembo le anime dei Giusti che varcano la porta del Paradiso, personificate da una schiera di omini.
Questa iconografia deriva dalla parabola di “Lazzaro e il ricco Epulone”, contenuta nel vangelo di Luca (Lc 16,19-31), il cui messaggio, forse non in voga ai nostri giorni, insegna che chi sulla terra è ricco ne dovrà pagare lo scotto nell’aldilà, mentre il povero godrà del premio celeste.
Il racconto dice che vi era un uomo ricco, Epulone, che vestiva di porpora e tutti i giorni banchettava lautamente, mentre un povero di nome Lazzaro moriva di fame sulla soglia della sua casa. Quando entrambi morirono quest’ultimo fu posto nel ‘seno’ di Abramo; il ricco, invece, fu messo all’Inferno, di dove nemmeno le sue suppliche ad Abramo poterono trarlo.
L’immagine evangelica del povero messo nel ‘seno’ di Abramo, trovò molta fortuna nei secoli medievali. Il termine, ‘seno’ deriva da ‘sinus’, che significa ‘grembo’ o ‘seno’, ma è traducibile anche con ‘rientranza’ intendendo la piega al collo della toga o del mantello, uno scampolo di stoffa, insomma, che veniva usata come tasca.
È in questa tasca, in questo sbuffo di stoffa, in questo seno, che i Patriarchi accolgono le anime dei Giusti.
Altri esempi di questa immagine nella pittura medievale sono molto rari in Italia. Mi piace, anche se con dolore, citarne qui uno a me molto caro: quello affrescato nella chiesa di Santa Maria ad Cryptas di Fossa, paesello a pochi chilometri da L’Aquila. Chiesa purtroppo assai rovinata, come tante altre, dalle scosse di terremoto delle scorse settimane.
[r.favaro]

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Chi vorrà sfogliare le foto secondarie di questo parere vedrà, sotto all’intera immagine dell’affresco del Palazzo della Ragione di Mantova, quel che rimane della monumentale firma del duecentesco pittore Grisopolo da Parma:
GRIXOPOL(us) PICTOR PA(rmens)IS DEPINXI(t) HOC OPUS

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