Loredana Bertè “BandaBertè” (1979)

Loredana Bertè “BandaBertè” (1979)

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Ospite lo chef Roberto Ferretti

Ascolta il Disco Base della settimana

1. LOREDANA BERTE' "Dedicato"
2. LOREDANA BERTE' "E la luna bussò"
3. LOREDANA BERTE' "Robin Hood"
4. LOREDANA BERTE' "Prendi fra le mani la testa"
5. LOREDANA BERTE' "Folle città"

discobase-fb-logoLa Bertè nasce musicalmente fra la metà degli anni Settanta e i primissimi anni Ottanta (1976-1982 per intenderci). Decisamente un periodaccio: il rock americano stava per salutare mestamente l’addio terreno di Elvis Presley e i Queen si apprestavano a diventare, per quasi un decennio, la rock band più popolare di tutto il pianeta. Per gente di provincia che amava rockeggiare al ritmo dei grandi padri pionieri del rock ‘n’ roll (Gene Vincent, Chuck Berry, Billy Holliday) il periodo era veramente infausto, quasi tragico. La Bertè era una provincialotta, cresciuta all’ombra della sorella, più classica e austera, Mia Martini. Dopo un paio di album decisamente sottotono, la Bertè trova la strada per il grande successo: l’occasione gliela fornisce un tale Avogadro, paroliere, apprezzato autore di alcune celebri hit di fine anni Sessanta. Avogadro scrive per la Bertè “E la luna bussò”, un brano vagamente reggae con rarissimi, ma incisivi, accenni rock. Si tratta di una canzone leggermente stupidotta, con un testo francamente scombinato (“E la luna bussò su due occhiali da sole, quello sguardo non si accorse di lei. Ed allora provò ad un party in piscina, senza invito non entra nemmeno la luna”), ma con una ritmica e con una melodia a cui non è estranea la lezione americana di Bob Marley (chiarissimi i riferimenti a “Jamming”). La Bertè interpretò il brano meravigliosamente: grande estensione vocale, senso del ritmo invidiabilissimo, grinta e rabbia da vendere. La lunga coda musicale finale (più di un minuto) è un riuscitissimo omaggio alla cultura rasta e capellona, quella in cui si identificavano Marley e Zappa, i Deep Purple e i Police. Una sorta di intreccio tra reggae e rock, tra hard e hip hop: per la serie, i fricchettoni al potere.

“E la luna bussò” sarà il brano traino di “Bandabertè” vendutissimo album di Loredana di Calabria. Un album ricco di sonorità, pezzi di bravura e qualche banalità francamente trascurabile. La voglia di fare (o meglio, di strafare) della Bertè è evidente in molte canzoni (“Peccati trasparenti”, “Agguato a Casablanca”), ma bellissimo è “Dedicato”, tenerissimo e violentissimo brano scritto da un Ivano Fossati in folgorante stato di grazia. La Bertè, per non smentirsi, ci infila rabbia, coraggio, determinazione, denti digrignati e voglia di stupire urlando e dimenandosi. Eppure, riesce a rimanere implacabile ed elegantissima. Non completamente riusciti gli omaggi a Lucio Battisti (“Prendi fra le mani la testa” e “Macchina del tempo”) anche se la voglia di rischiare e mettersi in gioco è lodevole e mai banale.

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Oltre a vicepresiedere come si conviene a un vicepresidente, ci guarda dall'alto dei suoi 192 cm. La foto non tragga in inganno.