Vinicio Capossela “Camera a sud” (1994)

Vinicio Capossela “Camera a sud” (1994)

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1. VINICIO CAPOSSELA "Non è l'amore che va via"
2. VINICIO CAPOSSELA "Zampanò"
3. VINICIO CAPOSSELA "Che cossè l'amor"
4. VINICIO CAPOSSELA "Furore"
5. VINICIO CAPOSSELA "Guiro"

discobase-fb-logoOvvero come riconciliarsi con la musica italiana dopo un lungo periodo di esterofilia…
Era il 1994, e passata ormai la lunga sbornia metal e dintorni, mi ritrovavo a cercare a destra e manca qualche stimolo musicale di diversa origine, non accontentandomi più di consumare con l’ennesimo ascolto i dischi dei gruppi storici che avevano formato il mio gusto musicale adolescenziale. Con la musica italiana ero ormai fermo ai primi anni 80, a “Titanic” o poco più, ma per fortuna arriva un mio amico che mi invita a prestare orecchio ad un certo Vinicio Capossela, che lì per lì pensavo fosse un cantante brasiliano di bossa nova, e mi presta il CD di “Camera a Sud”, non immaginando che questo album mi avrebbe non solo riconciliato con la musica italiana, ma mi avrebbe fatto scoprire un artista di caratura internazionale, nato si in Germania, ma italianissimo.
A distanza di 12 anni, e dopo almeno cento ascolti di “Camera a Sud”, scrivo questa recensione, proprio con l’intenzione di omaggiare un grande cantautore (che non è una parolaccia, in questo caso) , che mi ha permesso di riscoprire la musica italiana di (alta) qualità. Dopo l’esordio del 1990, Capossela era additato come una sorta di figlioccio artistico di Paolo Conte, data anche la presenza di musicisti dell’entourage del cantautore astigiano, poi con il successivo “Modì” cominciava già a delinearsi una sua precisa personalità; la tilte-track di quell’album è semplicemente un capolavoro, e anche il resto mostra i segni di un talento potenzialmente enorme, ma sul punto di esplodere.
Ed ecco allora “Camera a Sud”, in cui troviamo già un autore formato e maturo, un tratto musicale perfettamente riconoscibile, nonsostante le (ovvie) influenze e fonti da cui Vinicio attinge (la canzone d’autore di Tenco e Paoli, la musica balcanica, i ritmi caraibici, il jazz più accessibile). Bellissimi gli arrangiamenti, arricchiti dagli archi orchestrali, e mirabili sono anche i ritratti, fulgidamente disegnati, dei personaggi che popolano il suo repertorio: il testimone di nozze ne “Il mio amico ingrato”, il redice dalla notte brava con i suoi sensi di colpa in “Tornando a casa”, il pigrone che non vuole alzarsi dal letto di “Guiro”…..
E’ un percorso (come direbbe Vano Fossati/Rocco Tanica), quello dei brani di “Camera a Sud” fatto di colorati ed emozionanti episodi, che vanno dalla descrizione dell’abbandono che in “Non è l’amore che va via” è venato di malinconia, e in “Furore” è rancoroso, ai ritmi accidentati della zingaresca “Zampanò”, allo slow jazzato d’atmosfera di “Amburgo” (con una tromba da brivido..) alla fiesta di “Che cossè l’amor” o ancora di più, nel son montuno cubano di “Guiro” (con il doppio senso “allor adesso c’ho son..”).
Mi stupisco ancora a distanza di anni di come possa essere così maledettamente evocativo un brano come “Tornando a casa”, ironico valzer inglese dedicato a tutti coloro che fanno “stratardi” la sera… sembra quasi di essere lì con il personaggio della canzone, e vien quasi da essere sollidali con lui… mentre la musica rapisce per la sua disarmante bellezza… e che dire della suadente bossa nova finale che dà il titolo all’album, se non che più che una canzone sembra un quadro, o meglio ancora un vero e proprio film, data la sua capacità di incarnare con il suono il diario di una giornata assolata di provincia…. magico!
Un difetto? Forse “Il fantasma delle tre” non è proprio all’altezza del resto, sebbene mostri Capossela come un moderno Fred Buscaglione, per il tono divertito del cantato, ma sono ragionamenti da ipercritico, in realtà in questo album c’é classe e sentimento, c’é malinconia struggente e rabbia, c’é genio e regolatezza, c’é in poche parole tutta la grandezza di uno dei migliori autori viventi della canzone italiana.
Ognuno avrà il suo Capossela-preferito, e , sebbene “Canzoni a manovella” sia un album monumentale, il mio preferito rimarrà, salvo capolavori futuri, questo strabiliante “Camera a Sud”, gioiello purissimo della canzone d’autore italiana.

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Oltre a vicepresiedere come si conviene a un vicepresidente, ci guarda dall'alto dei suoi 192 cm. La foto non tragga in inganno.