Convivium – Polenta!

Convivium – Polenta!

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Polenta!

Un saluto e bentrovati a tutti gli ascoltatori!

Nel suo giornale di bordo, alla pagina del 5 novembre 1492, Cristoforo Colombo così descrisse il paesaggio agricolo delle Indie: “C’erano grandi campi coltivati con radici, una specie di fava e una specie di grano chiamato mahiz». Quest’ultima pianta, dallo straordinario ritmo di crescita, base dell’alimentazione delle civiltà amerinde, fu portata in Europa e col passare del tempo andò a ridisegnare completamente i profili rurali del Nord Italia e ne stravolse le abitudini alimentari.

Quale nuovo grano esotico (e per questo chiamato “turco”, come si usava allora per tutto ciò che era straniero), il mais incominciò a essere coltivato già nel Cinquecento. All’inizio penetrò negli orti botanici, come semplice curiosità vegetale, ma ben presto l’intera Padania ne fu colonizzata, sia nelle fasce pianeggianti e fertili sia nelle fasce collinari e montane. E in breve si cominciò a non mangiare altro che polenta di mais.

La polenta risolse il problema della fame di molte genti, non solo quelle povere, tanto che l’eccessivo ed esclusivo consumo di questo cibo portò in Europa la malattia della pellagra. A quel tempo si suppose che la polenta non potesse da sola dare all’organismo tutto quello che esso richiedeva. Ma ciò era vero solo in parte. La principale colpevole della pellagra era la miseria, che negava il consumo di altri alimenti.

La polenta è un piatto in grado di definire, immediatamente e senza mezzi termini, l’identità culturale e l’appartenenza territoriale del Nord Italia. Ha un potere evocativo che può essere paragonato a quello della pizza per Napoli o a quello della mortadella per Bologna.

La storia della polenta è intimamente connessa con l’evoluzione dell’uomo. Tuttavia, così come la conosciamo oggi, quella gialla preparata a partire da una mistura di acqua e farina di mais, è in realtà un prodotto relativamente recente nella storia gastronomica del nostro Paese.

Altri tipi di polenta erano consumati prima dell’arrivo della scoperta americana. Gli storici e i paleontologi dell’alimentazione hanno dimostrato quasi con certezza che questo tipo di pietanza è stato uno dei primi ad essere cucinato dall’uomo, addirittura in tempi preistorici. Era certamente in uso già tra i sumeri e in Mesopotamia dove era preparata con miglio e segale. I greci utilizzavano la farina d’orzo. In altre regioni veniva invece preparata in infinite varianti, a seconda delle risorse che avevano a disposizione.

Quella dei romani era perlopiù fatta col farro, un cereale che sta all’origine del termine farina. La parola polenta, invece, deriva proprio dal nome latino di questa pietanza, il “puls”, che in epoca repubblicana definiva un cibo talmente comune che diede ai romani l’appellativo di “pultiferi”, ossia mangiatori di polenta. Un antico parallelo dell’odierno epiteto che i napoletani riservano agli italiani del Nord: polentoni.

A risentirci la settimana prossima!

 

@Convivium_RB

Immagine: Pietro Longhi, “La polenta”, (1740 ca), Ca’ Rezzonico, Venezia20

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