Paolo Frontero; Non ci sono più le nebbie di una volta

Paolo Frontero; Non ci sono più le nebbie di una volta

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Ho avuto l’opportunità di intervistare il dottor Giazzi prima dell’incontro mentre mi sono confrontata con il professor Frontero a conferenza già avvenuta.

PAOLO FRONTERO-NON CI SONO PIÚ LE NEBBIE DI UNA VOLTA Percezione e meteorologia a confronto

Nebbia: idrometeora costituita da gocce d’acqua, con diametro dell’ordine di grandezza del micron, dovuta alla condensazione del vapore acqueo negli strati atmosferici prossimi al suolo. Nebbia: nuvola bianca che ricopre le campagne e le città rendendole misteriose e affascinanti, simbolo della Pianura Padana, soggetto di fotografie e dipinti, ricordo d’infanzia. Un unico fenomeno ma tante interpretazioni diverse, tutte valide. Chi si occupa di meteorologia e fisica dell’atmosfera da decenni come Paolo Frontero ha avuto modo di studiare la nebbia da un punto di vista scientifico, osservando che negli ultimi anni il numero di giorni in cui la nebbia si presenta si è ridotto da 140 a 70 nei casi più estremi, e insieme al dottor Marco Giazzi, presidente di Meteonetwork, ci dirà perché è vera la proverbiale frase non ci sono più le nebbie di una volta!

Dottor Giazzi, il titolo di questo incontro è Non ci sono più le nebbie di una volta, quindi si rifà ad un detto popolare sentito in vari contesti che però sembra in realtà corrispondere ad una verità scientifica nel senso che i dati rilevati ultimamente dimostrano una riduzione della presenza della nebbia. Può confermare?                                                                     Certo, confermo. Infatti l’evento di oggi (mercoledì 17), organizzato da MantovaScienza, va a verificare che le sensazioni di cui mi hai appena parlato sono effettivamente vere: dalla rilevazione dei dati sembra che il fenomeno nebbioso si sia ridotto, come incidenza, fino al 40-50%. Poi nell’evento che terrà il dottor Paolo Frontero, che ha lavorato in Arpa Veneto ed è stato un grande osservatore soprattutto della nebbia, vedremo quali sono le molteplici cause che hanno portato a questa diminuzione del fenomeno, come il riscaldamento globale e il cambio degli inquinanti dell’aria.

Quindi conferma che, in realtà, il riscaldamento climatico non ha solo gli effetti evidenti e macroscopici che ormai anche il grande pubblico conosce, come l’innalzamento delle temperature o del livello dei mari, ma anche delle conseguenze apparentemente non ricollegabili ad esso, giusto?                                              Esatto. Infatti siamo abituati a sentire dai media che ci sono delle modifiche a livello globale (l’aumento medio della temperatura del pianeta) ma ci sono anche a scale più piccole: ad esempio la Pianura Padana, o meglio ancora la bassa Pianura Padana, risente del cambiamento climatico perché variano le condizioni dell’aria e quindi anche la nebbia cambia il suo comportamento.

E la riduzione della nebbia cosa può causare a sua volta, per esempio può avere un effetto sulle polveri sottili e sugli inquinanti in aria, che accennava prima, un aumento o una riduzione?         A livello della cittadinanza forse è un sollievo, la diminuzione degli eventi nebbiosi. Non esistono o non sono a conoscenza di dati che dimostrino una diminuzione degli inquinanti, anzi. In tutti questi anni, nonostante i fenomeni nebbiosi siano diminuiti, sono al contrario aumentate le giornate di blocco di tutto il traffico veicolare, dovuto al superamento delle soglie limite di polveri sottili in aria. La nebbia è un contesto ma non incide sulla presenza maggiore o minore delle PM10 o delle ancora più insidiose PM2.5.

Dottor Frontero, durante l’incontro Non ci sono più le nebbie di una volta ha dialogato con Marco Giazzi, presidente di Meteonetwork, un’associazione che raccoglie ed elabora i dati metereologici gratuitamente forniti dai cittadini. Lei stesso, poi, ha sempre dedicato attenzione al rapporto con i non addetti ai lavori, occupandosi di divulgazione in radio, tv e varie testate giornalistiche. Quanto è importante sensibilizzare e rendere consapevoli i cittadini riguardo temi climatico-metereologici? E quanto, invece, i dataset ottenuti grazie ad attività di Citizen Science possono rivelarsi utili per fisici dell’atmosfera come lei che sostengono la ricerca in ambito universitario?                        Direi che sono fondamentali entrambi, mai come in questo periodo i cambiamenti climatici, devono farci sentire protagonisti e responsabili per frenare la crescita planetaria della CO2 e il conseguente riscaldamento globale; per raggiungere tale obiettivo si rende sempre più necessaria un’opera di “alfabetizzazione sulle tematiche ambientali”. Ecco, e vengo alla seconda domanda, che il Citizen Science riveste un ruolo molto importante per l’attività di raccordo tra il mondo accademico e scientifico, spesso arroccato sulle sue attività di ricerca e didattica specializzata, e la realtà della persona della strada a cui bisogna fornire informazioni tanto rigorose quanto chiare e semplice.

Durante la conferenza ha elencato i molteplici fattori che hanno causato una riduzione di frequenza, intensità e durata della nebbia. Alcuni sono locali e intrinsecamente legati all’uomo, come il consumo di suolo, altri agiscono a scala globale e non sono riconducibili direttamente all’azione antropica (la circolazione dei venti e gli spostamenti degli anticicloni ne sono un esempio). Quanto questo trend di riduzione è quindi dovuto all’uomo e quanto invece consiste in un fenomeno naturale?               Ritengo che prevalga su tutti l’impronta antropica e ciò per l’accertato  e smisurato utilizzo dei combustibili fossili; nell’accordo della COP26 si è ribadito di non oltrepassare i +1.5 gradi di anomalia termica globale rispetto al periodo preindustriale, ma è molto probabile che già tra 10-12 anni, se non avverranno provvedimenti più incisivi di quelli indicati dalla COP26, supereremo tale soglia e quindi anche le temperature minime continueranno ad aumentare e di conseguenza le nebbie a diminuire. Per quanto riguarda l’alterazione della circolazione generale dell’atmosfera e conseguenti spostamenti dei centri d’azione dallo loro posizione “storica” questa non ha un andamento lineare, ovverosia negli ultimi anni abbiamo verificato questa maggior dinamicità, ma non è detto che nei prossimi 20 accada la stessa cosa.

L’importante riduzione della nebbia, accertata a livello europeo, è rilevante perché rappresenta un segnale della variazione di altri fenomeni ad essa correlati oppure sono state evidenziate conseguenze negative a livello ambientale?  In altre parole, stiamo perdendo solo la nebbia e il suo fascino o anche altro?  Beh direi che l’affermazione corretta è l’ultima: la diminuzione della nebbia è solo una delle tante facce del cambiamento climatico e forse la meno negativa, purtroppo le altre componenti spaziano dell’aumento di frequenza delle ondate di calore agli eventi estremi come alluvioni, nubifragi, tornado di cui verifichiamo le tragiche conseguenze anche nel nostro Paese.

[Valentina Vitali]

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