Billy Joel “52nd Street” (1978)

Billy Joel “52nd Street” (1978)

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Billy Joel
“52nd Street”, 1978 (CBS – Columbia Records)
Pop/Rock

di Riccardo Savazzi

Non traggano in inganno la copertina e la busta interna dell’album nei quali l’allora ventinovenne Billy Joel tiene tra le mani una tromba che, per quanto è dato sapere, il cantautore newyorkese non ha mai suonato. Oltre modo fuorviante è l’aspetto trasandato, giacca, cravatta ed un paio di scarpe da ginnastica luride, con cui viene ritratto in un vicolo da bassifondi, con rifiuti sparsi a terra.
In realtà il titolo dell’album fa riferimento alla “52nd Street” di New York, nota per la presenza di importanti locali jazz, dove aveva sede – al momento dell’uscita dell’album – l’edificio della CBS e, a un isolato di distanza da questo, lo studio dove l’album è stato registrato
L’abilissimo pianista del Bronx, che nella sua carriera ha venduto milioni di copie dei propri LP e che per gli stessi è stato insignito di numerosi riconoscimenti, dà sfoggio nell’album “50nd Street” della sua genialità tecnica e della sua verve compositiva, alternando ballad pianistiche, quali ad esempio “Honesty” che esalta la sua impostazione jazz, a brani da jam session, è il caso di “Zanzibar”, od ancora ad echi rock come in “Big shot”.
Tre dei nove brani presenti nell’album hanno raggiunto posizioni di prestigio nella classifica americana: “My life”, “Big shot” e “Honesty”, ma anche nelle restanti tracce la qualità e l’estro compositivo di Billy Joel non mostrano decadimenti.

Ne sono la riprova gli altri sei brani:

  • “Stiletto”, che si apre con un sapore jazz, quello del sax, prima dell’irrompere del piano ritmato che parte boogie e diventa rock;
  • la già citata “Zanzibar”, che proietta l’ascoltatore in un’atmosfera da locale notturno intriso di fumo di sigarette, dove trovano posto ballerini di vecchia data, un’orchestra jazz e cameriere annoiate da sedurre;
  • “Rosalinda’s eyes”, con la sua atmosfera latino-caraibica che racconta della faticosa, oscura ma romantica vita di un pianista di piccoli locali – Billy Joel ne sa qualcosa – e della sua compagna di vita;
  • “Half a mile away”, dal sapore soul;
  • “Until the night”, che racconta della lenta e inesorabile fine di una storia d’amore;
  • “52nd street”, brano soul jazzy pop, con cui Billy Joel si congeda da strade, voci e volti che ha saputo raccontare in maniera efficace, divertente e sentimentale.

L’album ottenne dalla critica un favorevole riscontro, vincendo il Grammy Award come migliore album dell’anno ed il Grammy Award for Best Male Pop Vocal Performance nel 1980.
Per chi ama questo genere di ritmi, un album per godersi della buona musica e magari, chissà, staccarsi per un po’ dalla realtà ed immergersi in questo mix di pop rock e soft rock.

Buon Ascolto!

Anche se non direttamente legato a questo album voglio ricordare che Billy Joel è stato uno dei primi artisti famosi americani a bucare le Cortina di Ferro quando nel 1987, reduce da un tour di 11 mesi consecutivi, arrivò – quasi senza voce – in Unione Sovietica per una serie di sei concerti.
All’inizio il pubblico sovietico, cresciuto per decenni in austerità oltrecortina e non avendo mai assistito ad un vero e proprio concerto rock, accolse Billy Joel con freddezza e sospetto.
Il suo ingresso nel Paese fu un vero e proprio atto politico, qualcosa di sconvolgente e senza precedenti. Dopo la tappa a Mosca il New York Times titolò: “Billy Joel ha portato il suo rock-and-roll qui e ha conquistato le anime del pietrificato pubblico sovietico, portandolo a urlare, ballare sulle sedie e a guardarsi attorno meravigliato”.

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La musica è stata ed è la colonna sonora delle mie giornate, di studio, di lavoro e di svago. Mi piace leggere, amo in modo viscerale la montagna ed in particolare, anche se può sembrare un paradosso, il Südtirol dove, da diversi decenni, trovo rifugio nei mesi estivi.