ENERGIA BLU

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Intervista realizzata da Agata e Sofia

L’energia nucleare o atomica viene prodotta in modo controllato nelle centrali nucleari e deriva dalle reazioni nucleari e dal decadimento radioattivo. Viene usata per la produzione di energia elettrica attraverso la divisione di atomi, ovvero la fissione in un reattore. Nel 2020 l’energia nucleare costituisce circa il 10% della produzione di energia elettrica globale e negli Stati Uniti si trova la maggior quantità di reattori nucleari. La seconda produttrice è la Francia, mentre sono in costruzione nuovi reattori in Asia, specialmente in Cina. A dispetto di quanto si crede generalmente, l’energia nucleare provoca una minore mortalità per unità di energia prodotta rispetto al carbone, al petrolio o al gas naturale. Questo dato emerge confrontando il numero di decessi causati dall’inquinamento atmosferico e dagli incidenti ad impianti nucleari.

Un altro aspetto positivo è il fatto che le emissioni di diossido di crbonio sono basse e gli impianti non necessitano di grandi superfici, al contrario per esempio delle superfici necessarie per gli impianti fotovoltaici. Tuttavia ha bisogno di grandi quantità di acqua e presenta rischi legati ai materiali intensamente radioattivi, il cui rilascio nell’ambiente può essere pericoloso, ed alla gestione dei rifiuti radioattivi. Possiamo per esempio ricordare i disastri di Cernobyl e di Fukushima. Nonostante ciò, dopo l’incidente di Fukushima, è stato stimato che se il Giappone non avesse adottato il nucleare, l’inquinamento gli incidenti delle centrali a carbone o a gas avrebbe causato più vite perse. Inoltre, è stato dimostrato che gli impatti negativi degli incidenti nucleari sono attribuibili agli effetti sociali e psicologici, più che direttamente all’esplosione e alle radiazioni. Infatti, l’evacuazione forzata e lo spostamento a lungo termine delle popolazioni colpite può portare all’isolamento sociale, ansia, depressione, comportamento sconsiderato e suicidio. Diplomato allo storico liceo scientifico Galileo Ferraris e laureato in fisica presso l’Università di Torino, Luca Romano, durante il primo lockdown, apre una pagina Facebook “L’avvocato dell’Atomo”, facendo diventare il nucleare il suo secondo lavoro.

Professor Romano, spesso quando si pensa all’energia nucleare la si collega subito alle bombe atomiche, percependola come un’energia distruttiva e pericolosa. Per quali motivi l’energia nucleare potrebbe essere usata per creare energia elettrica in modo sicuro?

Il collegamento con le bombe atomiche è improprio perché ovviamente ci sono similitudini tra la fisica di un reattore e quella di una bomba ma l’ingegneria è completamente diversa; sarebbe come paragonare un’automobile ad un carro armato solo perché entrambi vanno a benzina. Una bomba atomica è costruita per avere una reazione a catena incontrollata e che arriva a temperature esplosive mentre in un reattore la reazione a catena è controllata ed è fatta per autostabilizzarsi anche nel caso in cui qualche parametro andasse fuori controllo (il sistema tende a ristabilizzarsi da solo). In un reattore quindi si genera calore ad alta temperatura che poi viene convertito in energia elettrica con le stesse modalità di una centrale convenzionale: si utilizza il calore per scaldare dell’acqua che diventa vapore ad alta pressione facendo girare una turbina.

Si sa che al giorno d’oggi c’è un’emergenza ecologica non da sottovalutare. Si può considerare il nucleare come un’energia pulita e quindi a basso livello d’inquinamento, diventando così un’alternativa ecologica di fare energia?

Sì, e questa risposta non è personale, ormai è data dalle istituzioni internazionali come l’IPCC (Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico), l’Agenzia Internazionale dell’Energia e altre realtà come il Centro di Ricerca della Commissione Europea. Tutti questi enti internazionali hanno dichiarato più volte che il nucleare è una forma di energia pulita compatibile con l’abbattimento delle emissioni di CO2, perché di fatto non la emette, e che il suo impiego sarà importante affiancato alle rinnovabili per aiutarci a raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione nel 2050.

Uno dei problemi più significativi legati alle centrali nucleari è dovuto allo smaltimento delle scorie radioattive, potenzialmente pericolose. Come si potrebbero smaltire le scorie evitando danni ambientali e sanitari se tutti gli Stati adottassero in futuro il nucleare?

La quantità di scorie nucleari prodotte dalle centrali è estremamente bassa, come conseguenza dell’enorme densità energetica dell’uranio, quindi anche se tutto il mondo utilizzasse solo energia nucleare in un anno si produrrebbe una quantità di scorie pari a quella di rifiuti chimici prodotti oggi in un Paese piccolo. Noi già oggi produciamo rifiuti molto pericolosi e li gestiamo tenendoli lontani dalle persone e cercando di evitare contaminazioni ambientali e il principio è lo stesso anche per le scorie pericolose di natura radioattiva prodotte dal nucleare. Peraltro rifiuti radioattivi si generano anche negli ospedali e in alcune industrie perché si usano materiali radioattivi per radiodiagnostiche o terapie metaboliche. Oggi la soluzione per le scorie nucleari che si insegue di più è quella di metterle sottoterra in luoghi sicuri e tombarle lì ma vi sono tecnologie in sviluppo che in futuro saranno anche in grado di riciclarle.

Un impianto nucleare emette radioattività anche senza incidenti: i bambini che abitano vicino alle centrali hanno più probabilità di contrarre leucemia e l’agricoltura rischia di essere pesantemente penalizzata. Come pensa che potrebbero essere risolte queste problematiche che ostacolano lo switch definitivo al nucleare?

La domanda che mi hai fatto parte da un assunto non corretto: le centrali nucleari non emettono radioattività durante il loro normale funzionamento. Lo studio che mostrava l’aumento dei casi di leucemia infantile nei pressi delle centrali era stato effettuato in Germania ed è un caso esemplare di fallacia del cecchino texano perché lo studio è stato replicato in tantissimi altri Paesi (Svezia, Finlandia, 3 volte in Inghilterra, Francia, Svizzera, Italia) e da nessuna parte si è mostrata un’evidenza di aumento di malattie oncologiche nei pressi delle centrali nucleari, quindi evidentemente era lo studio tedesco ad essere fallato. Infatti lo stesso ente radioprotezionistico tedesco aveva detto che probabilmente era una coincidenza e non un reale rapporto di causa-effetto. Le centrali nucleari non pongono nessun problema nè alla salute della popolazione che vi vive accanto né all’agricoltura o all’allevamento, tanto che in Francia hanno centrali nucleari anche nella regione dello Champagne o da dove provengono prodotti enogastronomici di qualità e non ne hanno mai risentito.

[Valentina Vitali]

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