Vinicio Capossela “Modì” (1991)

Vinicio Capossela “Modì” (1991)

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Disco scelto e commentato da Roberto Pavani della coop. Zerobeat

In onda tutte le sere alle 20e15 - 22e15 - 00e15 su Radiobase Mantova

1. VINICIO CAPOSSELA "Modì"
2. VINICIO CAPOSSELA "La Regina Del Florida"
3. VINICIO CAPOSSELA "Notte Newyorkese"
4. VINICIO CAPOSSELA "Ultimo Amore"
5. VINICIO CAPOSSELA "... E Allora Mambo"

discobase-fb-logoTutto stava cambiando, nel 1991. E chissà perché bisogna andare a decenni…
Eppure è così…: i sessanta erano diversissimi dai (meravigliosissimi) settanta, e gli ottanta sono un’isola a parte e sottovalutatissima. I novanta sono stati spesso buonisti, inutilmente neofricchettoni e molto, ma molto, sopravvalutati. Salvo pochissime eccezioni. Una di là dal mar… ? Certo: Dave Matthews. Una di qua… ? Il nostro Vinicio. Che, certamente, ha parecchi debiti in giro. Ma, sì sa… coi puffi si vive bene, ed è impossibile venir fuori così tardi senza avere debiti con nessuno. E allora si può dire di buon grado che senza Waits il nostro Vinicio non sarebbe certo lì. Così come senza Conte, anche se il debito con Conte lo si è sempre non poco ingigantito. Così come i suoi riferimenti letterari sono evidenti e molteplici, e non basterebbe una tesi di laurea a descriverli tutti, e qualcosa ne rimarrebbe senza dubbio fuori.
Ma non è dei debiti che vogliamo parlare. È di un disco. Un bellissimo disco. Una prova importantissima come sono, di fondo, tutte le opere seconde. Prove molte volte non superate, ed altrettante volte molto esemplificative di quello che realmente vale l’artista. Perché la seconda opera non può essere ispirata e “di getto” come la prima. E spesso teme qualche tipico rischio: se il primo disco ha avuto molto successo, nel secondo c’è l’evidente frutto di qualche contrattone, o gli smascherabili avanzi del primo. Se invece il primo l’han considerato in pochi, molto spesso il secondo è ancora frutto del volersi far conoscere e di quella meravigliosa madre di tutte le meraviglie che è La Fame. Nel caso di questa seconda opera caposseliana siamo abbastanza a metà strada tra le due realtà.
Il bell’esordio dell’anno prima è arrivato alle orecchie di molti italiani, ma non di moltissimi. Alcuni apprezzarono quello che appariva, al primo singolo, come uno swing facile facile, notturno e da bar, vicino a Conte e Waits ma meno complesso, meno “impegnativo” e, apparentemente, pure un po’ fighetto (ebbene sì, signori, allora il Vinicio era pure quasi bello). Niente di più fallace, già allora…: bastava ascoltarselo tutto, il primo album, per capire di che levatura fosse questo giovane ragazzotto a metà tra nord e sud, tra canzone d’autore, jazz e ritmi latini. E la stessa formula è qui ripetuta, anche se parzialmente evoluta.
“Modì”, la splendida ballata pianistica che apre l’album, è un manifesto autobiografico identificatorio e bohemiano perfetto. Una canzone bellissima, triste e profonda, che parrebbe dare il segno all’album. Invece ecco i divertimenti di “Regina Del Florida” e la waitsata pura di “Notte Newyorkese”. Nell’album alcune altre perle (su tutte “Ultimo Amore”) ed altri divertimenti (la bella “E Allora Mambo”, resa anche celebre da un modestissimo film). Su tutto ancora presenti, e forse invasivi e un po’ spersonalizzanti, benché ottimamente realizzati, gli arrangiamenti e la produzione del clan contiano di Renzo Fantini. Dopo il successivo e ancora validissimo “Camera A Sud”, Marangolo e la squadra verranno licenziati, per fare spazio a musici e arrangiamenti molto più in linea con l’anima profonda e a volte più piacevolmente oscura del Nostro. Dunque, nel 1991, che conclusioni si era legittimati a trarre… ? Ricordo che di Vinicio, noi contiani incalliti, devoti di Waits e di ogni scuola cantautorale, parlavamo con un po’ meno diffidenza e con qualche simpatia in più.
Insomma, stava facendo breccia anche nei nostri giovani, e perciò durissimi, cuori. Certo, però, nessuno si immaginava ancora che da lì sarebbero arrivati i balli di san vito, le canzoni a manovella e gli ovunque proteggi. Come chi godeva allora con “Blue Valentines” non poteva neanche prefigurarsi in sogno le macchine ad ossa. Inutile, ragazzi: i paragoni vanno fatti, per il semplice motivo che è giusto farli, accostando maestri e bravissimi allievi, e tenendo conto che l’esistenza di Dylan mai renderà inutile quella di De Gregori, così come quella del grande Tom d’oltreoceano mai toglierà nulla ai grandissimi sviluppi dell’ “allievo” italiano Vinicio.

Primiballi

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Oltre a vicepresiedere come si conviene a un vicepresidente, ci guarda dall'alto dei suoi 192 cm. La foto non tragga in inganno.