Le icone danzanti

Le icone danzanti

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Un antico rituale dionisiaco arrivato sino a oggi

Almanaccando

In alcune zone della Macedonia, della Bulgaria, della Grecia e della Turchia islamica, dal 19 al 21 maggio, si celebra la festa degli “Anastenarides”, coloro che sono liberi da sofferenza, un sentito avvenimento popolare caratterizzato da varie processioni, musica e balli. Il momento culminante della festa è però il tipico rituale delle danze a piedi nudi sui carboni ardenti, oggi noto per lo più come “firewalking”.
I partecipanti, portando in mano le icone dei santi Costantino ed Elena, danzano per ore, fino ad arrivare a uno stato di “transe”, prima di entrare nel fuoco e camminare a piedi nudi sui carboni ardenti, o addirittura danzarci sopra per pochi istanti.
La celebrazione termina con il sacrificio di un toro, che viene poi arrostito e distribuito fra tutti i festanti.
Questa festa è un raro esempio di culto del fuoco di origine dionisiaca, giuntaci senza interruzione direttamente dall’antichità. Un retaggio di un’antica cerimonia orgiastica, non intesa con l’odierna accezione del termine, ma con quella più arcaica, la quale significa entusiasmo e si riferisce alla felicità che scuote i seguaci di tale culto, dal momento che essi desiderano unirsi a Dio.
I moderni antropologi che hanno studiato la fenomenologia di questo culto dionisiaco, caratterizzato dalla musica e dalla devozione religiosa, sostengono che esso è un sistema di psicoterapia rituale, che ha come scopo la diagnosi e il trattamento di una lunga lista di malattie. In particolare, è un potente mezzo in mano alle donne per esprimere e risolvere i conflitti personali e sociali che causano nevrosi; sono le donne, infatti, le più convinte danzatrici sui carboni.
Ovviamente il clero cristiano ortodosso non vede di buon occhio questa celebrazione. Per molto tempo, addirittura, in alcune zone questo rito veniva celebrato in forma clandestina. Vista però l’impossibilità di sradicare dalla tradizione popolare questo appuntamento, nel corso dei secoli la Chiesa ha cercato di far rientrare nel seno del calendario liturgico l’avvenimento, collegandolo al culto del ritrovamento delle icone di San Costantino e di sua madre Sant’Elena.
[rudy favaro]

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