Protetti dalle zie

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La festa romana di Mater Matuta

Almanaccando

Dopodomani sarà l’11 giugno. In questa data gli antichi romani celebravano una festa per loro molto importante: la festa di Mater Matuta, la dea dell’alba e del mattino, protettrice delle nascite. Ma non solo: era anche la dea preposta alla maturazione, al portare a compimento e alla forma finita, sia di uomini, sia di eventi, sia di raccolti agricoli.
Al suo culto potevano accedere solo le donne sposate una sola volta, il cui marito era ancora vivo. Durante la cerimonia dei Matralia, così era chiamata questa festa, le donne arrivavano al tempio con i figli, ma non portavano in braccio loro bensì i figli delle sorelle, invocando la loro protezione.
Le schiave erano escluse dal culto e, anzi, una fra loro prescelta veniva frustata ritualmente per poi essere scacciata in malo modo dall’edificio. A quel punto tutte le zie materne dovevano abbracciare i nipoti.
Le protagoniste della festa erano quindi le zie materne, delle quali veniva messa in rilievo la loro funzione di nutrici. Nella società romana, del resto, le zie materne, più di qualunque altro membro della famiglia, ricoprivano questa funzione nei confronti dei figli delle proprie sorelle. La zia materna fungeva infatti da “”seconda madre””, prendendo il posto della sorella quando questa veniva a mancare, come educatrice e garante dei nipoti.
La controparte negativa della zia materna era la balia, quasi sempre una schiava, che nel rito rappresentava le paure della famiglia per il figlio, che poteva non essere cresciuto in maniera adatta in quanto affidato alle cure di un’estranea. Un po’ come le attuali leggende metropolitane che spingono a non affidarsi troppo alle babysitter.
L’offerta tipica che, in questo giorno di festa, veniva poggiata sull’altare della dea era la torta “al testo”, proprio come quella che ancora oggi si trova in Umbria, fatta di un impasto di farina di farro cotto sul “testum”, una piastra tonda di terracotta o di pietra che si riscaldava con il fuoco.
[rudy favaro]

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