
Tra i complessi americani che negli anni 60 riescono a fronteggiare l’avanzata britannica negli stessi Stati Uniti e nel mondo ci sono i Beach Boys. In italiano potremmo tradurli come “tipi da spiaggia”, per rifarsi ad un film e ad una canzone di discreto successo dei primissimi anni sessanta (di Johnny Dorelli).
Da ragazzo, quando sentiì per la prima volta goood vibrations alla radio, rimasi sbalordito. Mi sembrava una canzone così avveniristica come venuta dalla Luna.(cosa impossibile perché il primo viaggio di un uomo da quelle parti avvenne soltanto nel 1969). Emozione sicuramente ma anche perplessità. Al primo ascolto non riesci a capire bene cosa vogliano trasmettere. Effetti particolari e tecnica eccellente per un brano che non sembra poi valere più di tanto. Dopo un po’ entri nel meccanismo e se non sei negato per la musica, qualsiasi essa sia, capisci che è davvero bello. Non è beat, non è rock, non è pop. È il sound dei fratelli Wilson, tutt’altra cosa. Il loro è un sound molto caldo, creativo, raffinato, con falsetti contrapposti alla voce più bassa e nasale del solista.
Good Vibrations è pubblicata come disco singolo dai Beach Boys nel 1966. La canzone è stata scritta, prodotta ed arrangiata, da Brian Wilson, con il testo scritto da Wilson e Mike Love.
La rivista Rolling Stone l’ha posizionata alla sesta posizione nella loro lista delle 500 migliori canzoni di sempre.
Quello che i critici si sono posti fin da subito come domanda è se i Beatles sarebbero arrivati dove sono arrivati senza aver ascoltato questo brano. Tenuto conto delle parole di Pau McCartney, che ha ammesso una profonda influenza del brano su di loro, la risposta è no. Incredibile, vero? Good vibrations oggi è considerata un modello di insondabile spiritualità( la vasta comunità Hippy che comincia ad esprimersi in termini di vibrazioni e buone vibrazioni.
La canzone venne creata impiegando una tecnica di registrazione mai sperimentata in precedenza: furono incisi circa 30 minuti di sezioni musicali sparse, successivamente unite insieme e ridotte al formato classico della canzone pop da 3 minuti di durata Brian Wilson sviluppò i suoi innovativi metodi produttivi nel corso di svariati anni. All’epoca era ancora pratica comune nella musica pop commerciale effettuare le registrazioni dei pezzi dal vivo in studio in una singola take, ma Wilson sviluppò velocemente un approccio maggiormente “modulare” che poggiava sui recenti progressi tecnologici in materia di registrazione audio, utilizzando sia banchi di missaggio a quattro piste, sia le nuove apparecchiature che potevano avvalersi di otto tracce. Oltre ad usare nastri multitraccia per costruire strati e strati di elaborate sovraincisioni, a partire dal 1964, strumentali pre-registrate. Con Good Vibrations, Wilson spinse il suo approccio modulare ancora più in là, sperimentando la costruzione del brano attraverso l’assemblaggio di numerose sezioni frutto di multiple versioni della stessa traccia. Divideva gli arrangiamenti in sezioni separate, registrando diverse take di ogni sezione sviluppando e modificando gli arrangiamenti e la produzione con il proseguire del lavoro . In qualche occasione, incise la stessa sezione in diversi studi di registrazione per sperimentare le differenti sonorità e opportunità offerte da ciascuno, per poi scegliere quella che, a suo parere, era la migliore.
“Good Vibrations ha avuto un grande successo anche in Italia. È considerato uno dei brani più famosi e apprezzati dei Beach Boys in testa alle classifiche di tutto il mondo. Senza dimenticare le decine di cover esistenti. Ce n’e’ una pure italiana del duo Davide e Sara dal titolo:”facciamo l’amore non la guerra”.