Yezda Urfa “Boris” (1975)

Yezda Urfa “Boris” (1975)

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Yezda Urfa
“Boris”, 1975 (Noble Records)
Prog-rock

di Paolo Casisa

Cari amici di Radiobase, in occasione di questa recensione mi sento un pochino il “Piero Angela” della situazione poiché sono convinto che il gruppo di cui parlo qui è sconosciuto anche agli appassionati più ferventi. Quindi mi accingo ad operare una sorta di indottrinamento divulgativo il cui argomento è però il rock progressivo americano degli anni ’70, convinto che questo mio ruolo possa anche essere utile per scoprire sacche di ottima musica celate tra le pieghe più nascoste della discografia mondiale. Nato a Chicago nel 1973 da cinque membri cresciuti artisticamente consumando i mitici dischi dei Gentle Giant e degli Yes, con in dotazione uno strano nome che miscela un termine turco con un altro utilizzato sia in Iran che in Russia, il protagonista di questa storia è “Boris”, il bellissimo album di debutto del gruppo denominato Yezda Urfa.
Ritmi vertiginosi, tempi mutevoli anche dispari e strumentazione diversificata erano i tratti distintivi del sound degli Yezda Urfa, i cui membri fondatori furono il cantante Rick Rodenbaugh, il chitarrista Mark Tippins, il batterista Brad Christoff e due polistrumentisti, Phil Kimbrough alle tastiere, al mandolino e al flauto traverso, infine Marc Miller al basso, al violoncello, alla marimba e al vibrafono.
Questa formazione rappresenta un ottimo esempio di una band di Progressive Rock degli anni ’70 che arrivò troppo tardi su mercato discografico e non ricevette dal pubblico l’amore e il successo che meritava. Pubblicarono “Boris” nel 1975 e davvero in pochi si accorsero del loro grande talento, nonostante che la title track di oltre dieci minuti sia davvero un validissimo esempio di come coniugare attitudini folk con ritmiche e suoni progressivi di grande livello musicale. Il bel timbro vocale di Rodenbaugh e l’eccellente lavoro del bassista e del chitarrista ci riportano direttamente all’affascinante ed intricato mondo musicale degli Yes.
In questo sorprendente disco c’è anche una breve parentesi Country and Western intitolata “Texas Amarillo” in cui i ragazzi sembrano divertirsi molto tra banjo, mandolino e una possente base ritmica, utilizzati per un vorticoso rock and roll in accelerazione.
Tutti i brani sono belli lunghi e ben strutturati… ma quando mai è capitato nel Progressive Rock che un mandolino fosse inserito nell’intricata trama che sovrappone Rock, Musica Classica, Jazz, Blues, Funky, Musica d’Avanguardia e chi più ne ha più ne metta? Gli Yezda Urfa avevano un mandolinista in formazione che si ritagliò il suo giusto spazio in un brano che vi invito ad ascoltare attentamente: “Tota in the Moja”. L’altra grande fonte di ispirazione per gli Yezda Urfa è la musica dei Gentle Giant, e ben ci si accorge nel brano “Cancer in the band”, facente parte del loro secondo album “Sacred Baboon” del 1976: un meraviglioso alternarsi di flautini folk, voci polifoniche che si rincorrono, ritmi funky-jazz e una creatività di composizione che è davvero facilmente riconducibile alle meravigliose composizioni dei Gentle Giant. Poi scomparvero nel nulla e probabilmente. ad oggi, sono uno dei pochi che se li ricorda ancora!

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