L’influenza. Cos’è, quale cura e prevenzione.

L’influenza. Cos’è, quale cura e prevenzione.

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Ospite Pier Paolo Vescovi (AO Carlo Poma)

La seconda puntata di Una mela al giorno

L’influenza è una malattia respiratoria acuta dovuta alla infezione da virus influenzali. È una malattia stagionale che, nell’emisfero occidentale, si verifica durante il periodo invernale. Il primo isolamento di virus influenzale nell’uomo risale al 1933 in Inghilterra (ma in precedenza erano stati isolati virus influenzali sia da polli che da suini). Da allora, ne sono stati identificati tre tipi differenti, costituenti il genere Orthomixovirus: il virus tipo A e il virus tipo B, responsabili della sintomatologia influenzale classica, e il tipo C, di scarsa rilevanza clinica (generalmente asintomatico).

Seconda puntata di Una mela al giorno: ospite di Radiobase il professor Pier Paolo Vescovi dirigente del Dipartimento di Medicina Generale dell’Azienda Ospedaliera Carlo Poma. Con lui parliamo di sintomi, cure, consigli, vaccini e prevenzione.

Alla base della epidemiologia dell’influenza vi è la marcata tendenza di tutti i virus influenzali a variare, cioè ad acquisire cambiamenti nelle proteine di superficie che permettono loro di aggirare la barriera costituita dalla immunità presente nella popolazione che in passato ha subito l’infezione influenzale. Questo significa che le difese che l’organismo ha messo a punto contro il virus dell’influenza che circolava un anno, non sono più efficaci per il virus dell’anno successivo.

Per questi motivi la composizione del vaccino deve essere aggiornata tutti gli anni e la sorveglianza è fondamentale per preparare il vaccino per la stagione successiva in base ai ceppi che hanno avuto maggior diffusione nell’ultimo periodo epidemico.

Le pandemie si verificano ad intervalli di tempo imprevedibili e in questo secolo sono avvenute nel 1918 (Spagnola, sottotipo H1N1), nel 1957 (Asiatica, sottotipo H2N2) e nel 1968 (Hong Kong, sottotipo H3N2). La più severa, nel 1918, ha provocato almeno 20 milioni di morti.

È comunque importante sottolineare che la comparsa di un ceppo con proteine di superficie radicalmente nuove, quindi di un virus influenzale completamente diverso da quelli precedenti, non è di per sé sufficiente per dire che si è verificata una pandemia. Occorre anche che il nuovo virus sia capace di trasmettersi da uomo a uomo in modo efficace. E i virus di sottotipo H5N1 isolati da vari individui ad Hong Kong nel 1997 non possedevano, fortunatamente, questa caratteristica. Un evento simile si è avuto nel 1999, quando due bambini, sempre di Hong Kong risultarono affetti da influenza causata dal virus sottotipo A(H9N2), solitamente infettivo sugli uccelli. Anche in questo caso, però, il virus non si è trasmesso ad altri individui e nessun nuovo caso è stato segnalato dopo l’aprile 1999.

Modalità di trasmissione
Il virus influenzale, generalmente acquisito attraverso il contatto con altre persone infette, si trova sia nella saliva, sia nel muco delle vie respiratorie e può penetrare nell’organismo attraverso le mucose (bocca, occhi e naso). Il virus può essere trasmesso per via aerea dal momento del contagio fino ai tre-quattro giorni successivi ai primi sintomi che si manifestano a distanza di uno-quattro giorni dall’infezione. Questo significa che il virus può essere trasmesso anche da persone apparentemente sane. Si diffonde molto facilmente negli ambienti affollati.

Incidenza
La frequenza con cui insorgono casi di influenza, pur essendo assai diverso da epidemia a epidemia, si aggira per lo più intorno al 10 – 20% della popolazione generale. Il sistema di sorveglianza epidemiologica e virologica ha stimato un’incidenza nella popolazione generale pari al 5%, mentre nella fascia d’età 0 – 14 anni, che è quella più colpita, l’incidenza è stata circa del 15%. Durante le pandemie l’incidenza può raggiungere anche il 50% della popolazione generale.

Sintomi
In Italia, l’influenza si manifesta nel periodo invernale (prevalentemente, tra dicembre e marzo) e si risolve nell’arco di cinque-sette giorni, anche se tosse e malessere generale possono perdurare per due o più settimane.
L’influenza è contraddistinta da un repentino manifestarsi di sintomi generali e respiratori: febbre elevata (della durata di circa tre giorni), che si manifesta bruscamente, accompagnata da brividi, dolori ossei e muscolari, mal di testa, grave malessere generale, mal di gola, raffreddore e tosse non catarrale. La febbre è generalmente più elevata nelle infezioni provocate dai virus del tipo A mentre, in quelle causate da quelli del tipo B, si mantiene a livelli più bassi. Nei lattanti, in genere, la febbre non si manifesta ma si osservano vomito e diarrea. Anche negli anziani (oltre i 75 anni d’età) la febbre rimane bassa, l’insorgenza dei disturbi è graduale e comporta soprattutto debolezza, dolori articolari e stato confusionale. La diagnosi di influenza si basa comunemente sui sintomi clinici ma la certezza può essere raggiunta solo con l’isolamento del virus influenzale che, però, non viene effettuata se non nell’ambito di studi scientifici.

Prevenzione
Vaccinarsi è il modo migliore di prevenire e combattere l’influenza, sia perché aumentano notevolmente le probabilità di non contrarre la malattia sia perché, in caso di sviluppo di sintomi influenzali, questi sono molto meno gravi e, generalmente, non seguiti da ulteriori complicanze.
Il Ministero della Salute raccomanda la vaccinazione alle persone con età maggiore di 64 anni e a coloro che sono in stretto contatto con anziani, a tutte le persone a rischio di complicazioni secondarie a causa dell’età o di patologie, come disordini cronici di tipo respiratorio o polmonare (asma compreso), malattie metaboliche croniche (diabete mellito, disfunzioni renali, immunodepressione dovuta o meno ai farmaci, patologie emopoietiche, sindrome da malassorbimento intestinale, fibrosi cistica, malattie congenite o acquisite che comportino carente produzione di anticorpi) o quando sono previsti interventi chirurgici di una certa entità.
Inoltre, il vaccino è fortemente raccomandato a bambini a partire dai sei mesi d’età ed agli adolescenti (fino ai 18 anni d’età) che sono stati sottoposti ad una terapia a lungo termine a base di aspirina (acido salicilico) perché l’uso di questo farmaco aumenta la probabilità di sviluppare, successivamente all’infezione influenzale, la sindrome di Reye.
Infine la vaccinazione è raccomandata per tutti coloro che svolgono funzioni lavorative di primario interesse collettivo o che potrebbero trasmettere l’influenza a persone ad alto rischio di complicanze.
La vaccinazione è invece sconsigliata a chi è allergico alle proteine dell’uovo, anche se nel vaccino sono presenti in quantità minima (il vaccino viene prodotto utilizzando uova embrionate di pollo).
Il periodo più indicato per la vaccinazione va da ottobre a fine novembre. Si sconsiglia generalmente di vaccinarsi con molto anticipo perché l’immunità data da questo vaccino declina nell’arco di 6-8 mesi e, quindi, si potrebbe rischiare di essere solo parzialmente protetti nel periodo più rischioso (ottobre-febbraio).
La somministrazione è per via intramuscolare e, in tutti coloro con età superiore ai 12 anni, l’iniezione va effettuata nel muscolo deltoide (braccio), mentre, per i più piccoli è consigliato il muscolo antero-laterale della coscia.

Terapia
I farmaci più utilizzati sono di tipo sintomatico quali antipiretici (paracetamolo) per la febbre, la cefalea e i dolori articolari.
Sono stati identificati solo due farmaci con azione antivirale, l’amantadina e la rimantadina, che agiscono solo sull’infezione influenzale provocata dai virus di tipo A. Tuttavia, andrebbero usati solo quando ci sono rischi di gravi complicazioni perché possono avere effetti collaterali di tipo neurologico e favorire lo sviluppo di ceppi virali mutanti resistenti. Inoltre, sono efficaci solo nel 70-90% dei casi. L’amantadina è, comunque, sconsigliata per i bambini sotto l’anno d’età.
L’amantadina e la rimantadina (non commercializzata in Italia) possono essere utilizzate anche a scopo preventivo nelle persone che sono ad alto rischio per le complicanze dovute all’influenza e che non si sono potute vaccinare (o in cui si suppone non si sia sviluppata una buona risposta immunitaria al virus influenzale).
Inoltre, questi due farmaci, non bloccano completamente l’infezione influenzale tanto da consentire lo sviluppo di una forma di immunità naturale, anche se non compaiono i sintomi influenzali.
Nel corso del 1999, è stato messo in commercio in Italia un nuovo farmaco con azione antivirale, lo zanamivir, che è in grado di ridurre la durata della malattia da uno a 2,5 giorni. Lo zanamivir agisce sulla neuroaminidasi (una proteina presente sulla superficie esterna del virus e che sembra essere necessaria al virus per infettare le cellule e per liberare particelle virali dopo la replicazione all’interno della cellula), rallentando la propagazione del virus.
A differenza dell’amantadina e della rimantadina non sembra indurre la formazione di ceppi resistenti. Il farmaco è attivo contro i virus influenzali appartenenti sia al ceppo A sia al B, ma va assunto entro le 48 ore dall’insorgenza dei sintomi.
Il farmaco non può essere somministrato ai bambini al di sotto dei 12 anni d’età e alle donne in gravidanza o durante l’allattamento perché non vi sono ancora dati sufficienti per assicurarne l’innocuità in questi casi.

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