Convivium – Sulla strada del tartufo mantovano

Convivium – Sulla strada del tartufo mantovano

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Sulla strada del tartufo mantovano

Un saluto e bentrovati a tutti gli ascoltatori!

Si stanno per concludere le Feste del tartufo 2016, manifestazione organizzata dall’associazione Strada del Tartufo Mantovano che, come una sorta di mappa del tesoro, da Felonica a Quistello corre lungo la riva destra del fiume Po. Cuore gastronomico e culturale dell’Associazione è il tartufo bianco, protagonista indiscusso delle tante iniziative locali. Questo fine settimana lo vede protagonista a Quingentole, con la 6° edizione di “TartufArt”, nel periodo più favorevole per la sua raccolta. La manifestazione è allestita nella cornice di Corte Breda, antica sede delle scuderie della Villa dei Vescovi di Mantova e, oltre alla degustazione artistica, propone anche quella culinaria, con i frutti della raccolta stagionale cucinati secondo tradizionali ricette.

Territorio di tartufi quindi, quello mantovano, anche se boicottato dai Gonzaga, i quali preferivano quelli di Casal Monferrato. Molto ricco è il florilegio di aneddoti che coinvolgono grandi personaggi del Rinascimento, alcuni anche molto curiosi, come quello che racconta della perfida Lucrezia Borgia e di come si servisse del tartufo per accrescere il suo fascino luciferino.

Nell’Europa di quei tempi il tartufo era anche chiamato “aglio del ricco”, sia per il suo leggero sentore agliaceo sia perché non se ne trovava in abbondanza. La sua ricerca costituiva anche un divertimento di palazzo, con ospiti prestigiosi invitati ad assistervi. Da qui nasce forse l’usanza dell’utilizzo di un animale elegante come il cane per la cerca, con la conseguente organizzazione di vere e proprie battute di indagine e dissotterramento per principi e nobiluomini.

Nonostante il tartufo fosse noto già nell’antichità, la sua natura e la sua origine rimanevano pressoché sconosciute, avvolgendolo in un alone di mistero che nel corso del medioevo lo portò a essere considerato a volte un animale, altre un vegetale o addirittura un minerale, ma comunque mortale. Non contribuiva a migliorarne la fama nemmeno la credenza che il tartufo, in quanto potentissimo afrodisiaco, inducesse le anime al peccato traviandole con il suo aroma, che avrebbe provocato agli esseri umani un effetto estatico con conseguente soddisfazione dei sensi. Platina, un erudito di Piadena vissuto nel Quattrocento, oltre che assegnare al tartufo un alto potere nutritivo, lo definisce come “un eccitante della lussuria… servito spesso nei pruriginosi banchetti di uomini ricchi e raffinatissimi che desiderano essere meglio preparati ai piaceri di Venere”.

Talmente era concorde, anche tra i medici, il potere afrodisiaco dei tartufi che per i paesi e le città giravano alcuni ciarlatani a preparare e vendere con lauti guadagni elisir d’amore a base della sua essenza. I trattati italiani di gastronomia del Cinquecento e del Seicento parlano del potere rinvigorente del tubero come un fatto scontato, e la sua virtù non viene dimenticate neppure nelle memorie di Casanova.

Ecco allora una ricetta a base di tartufi di Bartolomeo Scappi, uno dei cuochi più famosi del Rinascimento, il quale preferiva servirli a fine pasto, segno che a essi venivano attribuite anche virtù digestive.

“Suppa di tartufoli neri”: si prendano i tartufi ben nettati dalla terra e si facciano stare sotto la cenere calda per mezz’ora e si facciano quindi sbollentare in vino e pepe, si mondino poi della scorza, si taglino in pezzetti e si pongano in un tegame coprendoli con olio e un po’ di sale e pepe; si facciano soffriggere lentamente, aggiungendoci un poco di mosto cotto. Una volta cotti si mangino con fette di pane abbrustolito e cosparsi di una salsa fatta di vin bianco, arancio selvatico, zucchero, cannella e chiodi di garofano.

Buon appetito e a risentirci la settimana prossima!

 

@Convivium_RB

Immagine: dalla pagina FB di @andareatartufi

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