Claudio Lolli “Ho visto anche degli zingari felici” (1976)

Claudio Lolli “Ho visto anche degli zingari felici” (1976)

Condividi

Claudio Lolli
“Ho visto anche degli zingari felici”, 1976 (Emi)
Musica d’autore

di Paolo Patria

E’ un album che spezza in due la carriera di Claudio Lolli, forse quello con le musiche più belle, certo una trasformazione musicale che lasciò sbalorditi quelli che lo avevano amato per i primi album, quando le note parevano secondarie rispetto alle parole dell’artista. ‘Ho visto anche degli zingari felici’ nel 1976 travolge ogni cliché e svela il musicista Claudio Lolli insieme al poeta, lascia spazio a riuscitissimi momenti di improvvisazione in un album politico che illumina lo spirito del movimento giovanile di quegli anni. Soprattutto emerge un cantautore che non si limita a lanciare slogan. Lolli impone alla casa discografica la vendita dell’album a sole 3.500 lire, prezzo politico rispetto a quello di mercato (5mila), e deciderà dopo questo disco di lasciare la Emi, alla quale dedicherà un brano lucidamente feroce (’Autobiografia industriale’ nel sottovalutato, dal pubblico, ‘Disoccupate le strade dai sogni’). Non sarà un passaggio fortunato per il successo della sua carriera, il cambio di etichetta discografica, anche se Lolli dispenserà sempre nuove perle anche nella parte successiva della sua attività.
Dopo la sorprendente suite che dà il titolo all’album (e ne rappresenta inizio e chiusura), il disco prosegue toccando temi drammatici come la strage dell’Italicus con ‘Agosto’ (‘Si muore di stragi più o meno di stato’) e la ‘lepre pazza’ dei funerali di ‘Piazza bella piazza’ (‘una sola contraddizione, quella fila, quei dieci morti’). L’album è un lavoro di grande spessore, nel quale non mancano le citazioni che spaziano dal titolo (ripreso da un film jugoslavo) alla rilettura di versi di Peter Weiss.
I brani, nati in tournée dalla collaborazione di Lolli con alcuni artisti del Collettivo Autonomo Musicisti di Bologna, si succedono senza stacchi, la forma canzone è piegata a variazioni continue di ritmo unite a testi che, come spesso in Lolli, sono di una efficacia lucida e profonda. Si mescolano momenti jazz, freschi passaggi cantautorali e scelte progressive. Canzoni come ‘Oggi è morta una mosca’ (altro brano dove la melodia si libera ed esalta nella collaborazione tra Lolli e i musicisti del tour) e ‘Anna di Francia’ (‘che brinda alla sua anarchia’) completano un successo che si consacra nella stagione delle radio libere. Dopo questo album i brani migliori di Lolli, spesso veri capolavori come ‘Keaton’ (cantata anche da Guccini) o ‘Notte americana’, vivranno sempre di musiche belle quanto i testi, in una crescita che non sarà più rinnegata dal cantautore bolognese. Resta da chiedersi perché Claudio Lolli sia stato in seguito per troppi anni trascurato e quasi dimenticato da gran parte del pubblico, pur mantenendo uno zoccolo duro di appassionati fedeli ed emozionati.

Condividi
Nato nel 1961, infanzia con Canzonissima, adolescenza con Pink Floyd e Genesis, anni finali del liceo con Radio Base. Dopo un lungo periodo di ascolto di musica a corrente alternata, sente se stesso dire che quella di una volta era migliore. Ne resta così sconcertato da avviare il tentativo disperato di recuperare i capolavori che certo devono esserci nei decenni più recenti. Riemerge da questa immersione con l’opera completa dei Radiohead, una sana passione per i Rem e vari innamoramenti, dai Sigur Ros agli Awolnation, dai Coldplay agli Arcade Fire fino una raffica di singole canzoni di disparati interpreti, confermando il caos dei suoi gusti. L’esperienza con Radio Base, vissuta negli anni d’oro delle antenne libere, è stata talmente entusiasmante che non resiste al richiamo della web radio. Intanto lavora come giornalista al Resto del Carlino di Reggio Emilia, è appassionato di storia mantovana e romana, dei tempi di Radiobase gli è rimasta l’appartenenza al Collettivo Duedicoppe, al cinema si commuove vedendo Jodorowsky’s Dune e Titane e non capisce bene perché.