Awolnation “Megalithic Symphony” (2011)

Awolnation “Megalithic Symphony” (2011)

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Awolnation
“Megalithic symphony”, 2011 (Red Bull Records)
Pop/Rock

di Paolo Patria

Il video era scatenato, peraltro non quello ufficiale: due ragazze si scambiavano il ruolo di sadiche innaffiatrici.
C’era una frase che mi aveva colpito: “Ecco il modo in cui un angelo muore”, dentro un brano incalzante con una bella grinta melodica.
E’ stato questa canzone, ‘Sail’, che mi ha portato a scoprire Aaron Bruno, una mescolanza di talento, grinta e malinconia che unisce musiche travolgenti a testi lucidi con lampi di disperazione, sempre con quell’energia rock consapevole che pare rifiutare la resa di fronte al mondo.
Con ‘Sail’ si parla di sindrome da deficit di attenzione, c’è una sensazione di inadeguatezza assoluta verso il mondo e forse una latente e controllata attrazione verso il suicidio, c’è il senso di alienazione unito al richiamo agli extraterrestri.
Quella canzone è stata la porta che mi ha portato a scoprire un album che mi è sembrato un vero gioiello.
Aaron Bruno ha una carriera che sembra un film.
Anni passati in seconda fila, finché un giorno si trova con le chiavi di uno studio di registrazione: tutto a disposizione, poco tempo, assoluta libertà.
Non crede forse più al successo e incide senza compromessi quello che gli piace. Esce un Ep e poco dopo il suo capolavoro,Megalithic Symphony del 2011.
Lui diventa AWOLNATION, ‘Sail’ apre la strada a una serie di tracce travolgenti, tra indie e rock elettronico, con la sua energia disperata tra giri di basso martellanti e aperture melodiche, con testi che lasciano poche illusioni.
Siamo in preda a un’allegria effimera e disperata per una serie di canzoni che mescolano allegria e dura consapevolezza, da Soul wars a People, da Jump on my shoulders alla rockerissima Burn it down.

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Nato nel 1961, infanzia con Canzonissima, adolescenza con Pink Floyd e Genesis, anni finali del liceo con Radio Base. Dopo un lungo periodo di ascolto di musica a corrente alternata, sente se stesso dire che quella di una volta era migliore. Ne resta così sconcertato da avviare il tentativo disperato di recuperare i capolavori che certo devono esserci nei decenni più recenti. Riemerge da questa immersione con l’opera completa dei Radiohead, una sana passione per i Rem e vari innamoramenti, dai Sigur Ros agli Awolnation, dai Coldplay agli Arcade Fire fino una raffica di singole canzoni di disparati interpreti, confermando il caos dei suoi gusti. L’esperienza con Radio Base, vissuta negli anni d’oro delle antenne libere, è stata talmente entusiasmante che non resiste al richiamo della web radio. Intanto lavora come giornalista al Resto del Carlino di Reggio Emilia, è appassionato di storia mantovana e romana, dei tempi di Radiobase gli è rimasta l’appartenenza al Collettivo Duedicoppe, al cinema si commuove vedendo Jodorowsky’s Dune e Titane e non capisce bene perché.