Uriah Heep “Salisbury” (1971)

Uriah Heep “Salisbury” (1971)

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Uriah Heep
“Salisbury”, 1971 (Vertigo)
Hard-rock/Progressive

di Antonio Del Mastro

”If this group makes it I will have to commit suicide. From the first note, you know you don’t want to hear any further””
Furono queste le parole pronunciate da Melissa Mills, critica musicale della nota rivista Rolling Stone, quando ascoltò nel 1970 per la prima volta l’album d’esordio Very ‘Eavy…Very ‘Umble degli Uriah Heep. Ovviamente loro hanno avuto un altra svolta e lei invece è ricordata soltanto per questa bestemmia (e mi trattengo coi commenti…).
Secondo lavoro della band , Salisbury, viene pubblicato per volontà del polistrumentista Ken Hensley, lo stesso che collaborò assieme a Mick Taylor (futuro Stones) e Greg Lake nel 1965 ad un progetto effimero. Assieme al talentuoso Hensley vi sono la voce solista David Byrne e il chitarrista Mick Box, l’unico membro tuttora rimasto con il gruppo (oserei dire chitarrista heavy molto sottovalutato a quei tempi ).
L’album è considerato più un lavoro progressive che hard rock, in cui il replicarsi dei temi trattati nei testi lo classifica chiaramente come concept album. Ecco oltre alla definizione di concept oserei dire una piccola opera rock dannatamente azzeccata !
Stampato con copertine diverse negli States e in Inghilterra, il nome dell’album evoca una vasta pianura con interessi archeologici (cit. Stonehenge ) dove risiede anche una zona per addestramenti militari, da cui appunto l’immagine del carro armato. ( nella copertina americana invece vi è una sorta di uomo che si strappa la pelle ). Uno di quegli album che dopo averlo ascoltato resti indeciso sul genere musicale di appartenenza, eterogeneo nello stile dei brani molto diversi tra loro ma a livello strumentale siamo ad alti livelli. Insomma o piace o non piace per intenderci.
L’ azzeccatissimo brano di apertura “Bird Of Prey” con riffoni chitarristici di Box e falsetti vocali di Byrne ne fanno un classico dell’hard rock che sfumandosi nel finale, accolgono la parte più malinconica dell’album, “The Park”. Una dolce ballata acustica in stile folk progressive dove proiettarsi mentalmente in un paesaggio pieno di alberi e ruscelli è un atto dovuto. Proiezione che scompare totalmente quando si presenta il brano successivo, “Time To Live” dove oltre al testo che spiega come il paesaggio è in realtà un campo per caduti di guerra, la ritmica prende una improvvisa impennata con l’organo Hammond e le straordinarie performance di Byron, Hensley e Box. Pezzo rock con riff puliti e presenza costante dell’organo Hammond. Ma è la successiva “Lady In Black” che diventerà un cavallo di battaglia degli Uriah Heep e coverizzato da molti artisti internazionali ( vi è anche una versione italiana di Caterina Caselli, L’uomo del Paradiso). Brano semplice e geniale dal punto di vista commerciale, cantato interamente da Hensley ( il frontman Byron si rifiutò di cantarlo perchè lo considerava debole…) che grazie all’ipnotico ritornello lo rendono uno dei pezzi più richiesti dai fan nei loro live.
Nel testo del brano in questione, la “Signora in Nero” è la personificazione della Pace che aiuta il protagonista ad affrontare i propri nemici e a redimersi da ogni forma di violenza. Probabilmente il nero rappresenta il lutto di questa mistica figura, causato dalle vittime di una non precisata guerra.
L’altra facciata contiene due incisioni, “High Priestess”, brano dalle sonorità hard r.’n’r. molto piacevole da ascoltare con un altra performance vocale di Byron e la title track “Salisbury”. Questa suite di 16 minuti non è composta da sezioni ritmiche come i classici brani progressivi del periodo, ma è piuttosto una magnifica jam eseguita magistralmente da un orchestra composta da 27 elementi. Inizialmente i flauti accompagnano l’organo e gli ottoni, aprendo la strada a batteria e chitarra in una perfetta overture sinfonica. Davvero coraggioso, geniale, sperimentale, bellissimo. Una cavalcata progressiva composta inizialmente solo con la musica dal gruppo e successivamente con l’aggiunta dell’orchestra alla traccia, ne esce un capolavoro assoluto (ci sono comunque versioni discordanti da parte dei membri del gruppo sulla realizzazione del brano…).
L’album “Salisbury” viene pubblicato in due edizioni, americana ed inglese, dove in quella americana al posto di High Priestess c’è il brano Simon The Bullet Freak e, nella versione CD remaster si trovano altri 6 brani extra bonus di cui ne consiglio assolutamente l’acquisto.
Pubblicano 5 album dal ‘70 al ‘72 ed ottengono con “Demons & Wizards” la consacrazione definitiva soprattutto in Italia,Francia e Germania. Dopo questo periodo, sia per i cambi di formazione che per l’evoluzione culturale, incidono molti album dai contenuti che spaziano dal pop al art-rock fino all’ heavy metal ma sempre con vena rock-progressive, aprendo di fatto la strada per l’epic metal.
Buon ascolto

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Sono nato in Puglia ma vivo in Piemonte da oltre vent’anni. Ho iniziato a 13 anni ad ascoltare Beatles e Rolling Stones, fino ad apprezzare in pochissimo tempo artisti come Little Feat, Jimi Hendrix, Led Zeppelin, Creedence CR, Ten Years After, Pink Floyd,Canned Heat. Mi divertivo facendo il disk jockey con dance, tecno music e progressive sound. Ho sempre amato il genere blues e le sue infinite sfumature, da quelle “soft” a quelle più “hard”. Il mio album preferito? The dark side of the moon. La mia cura per il mal di testa? Led Zeppelin. La mia pietra miliare? Free Bird dei Lynyrd. Il gruppo più sottovalutato? Ten Years After di sicuro… Il gruppo più sopravvalutato? I Queen senza alcun dubbio. Gli album rock più inutili? Molti, Frank Zappa, poteva risparmiarseli… Il chitarrista più raccomandato? Slash. Il chitarrista più sfortunato? Stevie Ray Vaughan. Bene con questa sintesi credo di essermi presentato a dovere!