Stevie Ray Vaughan & Double Trouble “Texas flood” (1983)

Stevie Ray Vaughan & Double Trouble “Texas flood” (1983)

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Stevie Ray Vaughan & Double Trouble
“Texas flood”, 1983 (Epic)
Rock-Blues

di Antonio Del Mastro

Considerato l’Hendrix bianco per eccellenza, colui che riusciva con il suo stile unico ed inimitabile a far esplodere l’incarnazione del blues in rock puro. Pochi, pochissimi sono i chitarristi riconoscibili dalla prima nota, quelli che dal vivo riescono a suonare senza nemmeno fare un checksound. Stevie Ray Vaughan è sicuramente uno di quelli che merita un posto tra i primi cinque grandi della chitarra blues e che continua ad influenzare intere generazioni di artisti.
Impara a suonare all’età di sette anni completamente da autodidatta e agli inizi degli anni 70 esordisce nei locali texani di Austin fino all’apparizione del Montreux Jazz Festival del 1982 assieme ai Double Trouble, band che lo accompagnerà per tutta la sua carriera. Nonostante la non apprezzabile avventura del Festival viene notato da David Bowie che lo ingaggia per incidere buona parte dei brani dell’album Let’s Dance del 1983 e per un tour mondiale da fare nello stesso anno. A quel tour non parteciperà (ufficialmente per mancati accordi commerciali) per dedicarsi interamente a lavori con la band tant’è che in estate viene pubblicato questo magnifico album di debutto, Texas Flood appunto. Altro capolavoro da avere assolutamente nella propria collezione musicale, sarebbe da pazzi incoscienti l’esatto contrario.
Assieme al mitico bassista Tommy Shannon, tra i più influenti e quotati bassisti blues nonché amico fedele di Stevie e gli altri membri della band, il batterista Chris Layton e il tastierista Reese Wynans, i Stevie Ray Vaughan And Double Trouble incideranno cinque magnifici album dal 1983 al 1991. L’esordio con Texas Flood rappresentò subito ciò che Stevie sapeva fare più di tutti, picchiettare la sua chitarra come nessun altro: era come sentire Hendrix, Guy, Clapton, maestri del blues elettrico, in una nuova veste dalle sonorità più cool. Affermare che il blues texano (quello proposto dall’altro virtuoso bluesman bianco Johnny Winter) stava diventando più frizzante, più elettrico, più pulito nei riff e meno acustico non è certamente un eresia.
Il brano “Love Struck Baby” di stampo r’n’r’ anni 50 riprende le sonorità di Chuck Berry con riff più energici, mentre con il boogie di “Tell Me” ed il blues di “Mary Had A Little Lamb”  Stevie omaggia due altri grandi della chitarra, Howlin’ Wolf e Buddy Guy rispettivamente.
Brani completamente strumentali suonati con un energia pura e grezza sono “Testify” e “Rude Mood”, strepitosi e palesemente aperti alla scoperta della sua notevole tecnica chitarristica. L’album presenta anche due dei suoi classici migliori, “Texas Flood” e “Pride And Joy”. Il primo contiene probabilmente uno degli assoli più belli del rock-blues da ascoltare tutto d’un fiato. Nel secondo viene fuori la sua più grande performance vocale e il suo marchio di fabbrica dal tipico effetto persuasivo, la ritmica “shuffle”. Credo che “I’m Cryin’ “ rappresenti una versione alternativa di ”Pride And Joy” in chiave swing, un piacevole riempitivo dell’album, mentre il classicone blues “Dirty Pool “ va ascoltato sorseggiando la miglior birra che si desideri.
Chiude l’album la bellissima e strumentale “Lenny”, nome della prima moglie di Stevie e della chitarra stratocaster 1965 sunburst che lei stessa gli regalò organizzando una colletta tra amici (in realtà Stevie apportò diverse modifiche, tra cui la sostituzione del manico in legno d’acero regalatogli da Billy Gibbons).
Sarebbe stato interessante concedergli più tempo a questo artista, certamente avrebbe dato un ulteriore contributo musicale influenzando molti virtuosi dello strumento. Purtroppo con lui la sorte non fu di quelle migliori : nel 1990, dopo aver partecipato ad un concerto nel Wisconsin assieme a Buddy Guy, Eric Clapton, Robert Cray e suo fratello Jimmy Vaughan, chiese di salire per primo sull’elicottero che doveva portarlo in albergo ma si schiantò su di una collina a causa della fitta nebbia e dell’inesperienza del pilota stesso, facendo perdere la vita a Stevie a soli trentacinque anni.
Se dovessi rispondere alla domanda “cosa ha fatto Stevie di nuovo?” direi quasi nulla se non aver ringiovanito un intero genere musicale e reso la chitarra di nuovo popolare assieme ad Eddie Van Halen, quando lo strumento scelto per eccelenza in quel periodo era il sintetizzatore elettronico.
Non sara’ stato un innovatore del genere blues ma ha creato uno stile personalissimo, quello stesso tocco che ogni ragazzino che compra una Stratocaster in negozio vorrebbe imparare a suonare. E partire con l’album “Texas Flood” è un buon inizio, difficile ma è un atto dovuto.

Buon ascolto.

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Sono nato in Puglia ma vivo in Piemonte da oltre vent’anni. Ho iniziato a 13 anni ad ascoltare Beatles e Rolling Stones, fino ad apprezzare in pochissimo tempo artisti come Little Feat, Jimi Hendrix, Led Zeppelin, Creedence CR, Ten Years After, Pink Floyd,Canned Heat. Mi divertivo facendo il disk jockey con dance, tecno music e progressive sound. Ho sempre amato il genere blues e le sue infinite sfumature, da quelle “soft” a quelle più “hard”. Il mio album preferito? The dark side of the moon. La mia cura per il mal di testa? Led Zeppelin. La mia pietra miliare? Free Bird dei Lynyrd. Il gruppo più sottovalutato? Ten Years After di sicuro… Il gruppo più sopravvalutato? I Queen senza alcun dubbio. Gli album rock più inutili? Molti, Frank Zappa, poteva risparmiarseli… Il chitarrista più raccomandato? Slash. Il chitarrista più sfortunato? Stevie Ray Vaughan. Bene con questa sintesi credo di essermi presentato a dovere!