Radiohead “Ok computer” (1997)

Radiohead “Ok computer” (1997)

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Radiohead
“Ok computer”, 1997 (Capitol)
Pop/Rock

di Paolo Patria

Immagini sincopate dall’alto mostrano strade e palazzi di New York, la telecamera punta su Manhattan e arriva davanti al ‘condominio del diavolo’, quel Dakota sul quale tragiche coincidenze hanno alimentato una leggenda.
In quel palazzo nasce l’Anticristo di Roman Polanski in Rosemary’s Baby, lì davanti viene ucciso John Lennon (che abitava nell’edificio con Yoko Ono).
Naturale che inizi da qui il controverso ‘Vanilla Sky’ di Cameron Crowe, con la telecamera che ci porta in una stanza del ‘Dakota’ dove, sullo schermo di una televisione, sta volteggiando Audrey Hepburn in ‘Sabrina’.
C’è un letto e un uomo che sta dormendo, sentiamo la sveglia che lo chiama (‘Open your eyes’). E’ Tom Cruise che si alza, spegne la televisione, si prepara e infine esce con l’auto dal garage e inizia a percorrere le strade di una New York che scopre deserta. L’inquietudine sale, controlla l’orologio – sono appena passate le 9 – finché sconvolto ferma la macchina e inizia a correre a perdifiato in una città dove non c’è anima viva, si ferma a un incrocio e urla disperato finché si sveglia nel suo letto. Lo spettatore si chiede se sia stato solo un incubo, se il personaggio stia ancora sognando o se addirittura sia morto…
Il risveglio di Tom Cruise non potrebbe avere colonna sonora migliore delle note dei Radiohead con ‘Everything in Its Right Place’ ad accompagnare l’inizio della pellicola. E’ il brano che apre uno degli album fondamentali del gruppo, ‘Kid A’, sul quale c’è un libro appassionato e illuminante di Steven Hyden. Di pietre miliari, nel caso dei Radiohead, se ne potrebbero indicare più d’una. Dalle vette di ‘Kid A’ all’esordio di ‘Pablo Honey’ (con il successo di ‘Creep’), dalla conferma di ‘The Bends’ al sorprendente (per il periodo in cui venne realizzato) ‘In Rainbows’. Fino a quello che resta il mio album preferito, ‘Ok Computer’, terza produzione di Thom Yorke e compagni, con canzoni manifesto della band come ‘Karma Police’, ‘Paranoid Android’, ‘No surprises’, ‘Lucky’…
Nel percorso dei Radiohead sorprendono le ricorrenti stroncature dei migliori critici musicali britannici. Come se la rivoluzione della band abbia spiazzato i grandi esperti dei mezzi di comunicazione. Gli appassionati di Yorke trovarono solo nei migliori siti internet nascenti le recensioni adeguate per abbracciare il nuovo flusso musicale che stava facendo i conti con il britpop e i suoi profeti. Mentre il gruppo inglese sfondava negli Stati Uniti.
Testi sempre più incomprensibili, frammenti di significato, parole nelle quali talvolta si rischia di perdersi, ma che in quel flusso musicale rivelano emozioni universali, lampi di luce emersi dalle introspezioni di Yorke, linguaggio perfetto di quella musica. Quest’ultima sempre meno ‘normalmente’ pop, sempre meno legata a folgoranti riff di una chitarra, sempre più lanciata nell’esplorazione senza compromessi di un mondo dove dominano malinconia, perdita di riferimenti, smarrimento dell’idea di un futuro sostenibile.
C’è la consapevolezza di poter fare ben poco per combattere un disastro incombente, ma condividere questa rivelazione, comprendere il presente rappresenta almeno una delle poche, possibili consolazioni. Viviamo una realtà fallimentare, un disastro climatico in corso, un occidente che tradisce ogni valore morale e si suicida tra elezioni truccate e guerre criminali: difficile credere e sperare, ma almeno i Radiohead sanno dare una visione di questo percorso a persone disposte ancora a cercare una risposta e una speranza.
Se il nome ‘Radiohead’ proviene da un brano dei Talking Heads (<una canzonetta scema stile ted-mex>, confessò David Byrne), il suono di Yorke e compagni ha saputo interpretare le inquietudini del presente, dagli anni Novanta ad oggi, tanto da essere ‘saccheggiato’ più volte per film e serie televisive.
Si ricorda anche un episodio gossip, quando la relazione tra una coppia di vip come Brad Pitt e Jennifer Aniston venne ‘scoperta’ per la loro presenza a un concerto della band. Ma non era una presenza casuale: Pitt era ossessionato dalla musica di ‘Ok Computer’ e come lui lo era Edward Norton, tanto che i due attori chiesero invano a Yorke, in un momento (non raro) in cui il musicista era stremato dalla tournée, la colonna sonora per il film ‘Fight Club’.

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Nato nel 1961, infanzia con Canzonissima, adolescenza con Pink Floyd e Genesis, anni finali del liceo con Radio Base. Dopo un lungo periodo di ascolto di musica a corrente alternata, sente se stesso dire che quella di una volta era migliore. Ne resta così sconcertato da avviare il tentativo disperato di recuperare i capolavori che certo devono esserci nei decenni più recenti. Riemerge da questa immersione con l’opera completa dei Radiohead, una sana passione per i Rem e vari innamoramenti, dai Sigur Ros agli Awolnation, dai Coldplay agli Arcade Fire fino una raffica di singole canzoni di disparati interpreti, confermando il caos dei suoi gusti. L’esperienza con Radio Base, vissuta negli anni d’oro delle antenne libere, è stata talmente entusiasmante che non resiste al richiamo della web radio. Intanto lavora come giornalista al Resto del Carlino di Reggio Emilia, è appassionato di storia mantovana e romana, dei tempi di Radiobase gli è rimasta l’appartenenza al Collettivo Duedicoppe, al cinema si commuove vedendo Jodorowsky’s Dune e Titane e non capisce bene perché.