DALLA MATITA AL PREMIO NOBEL

DALLA MATITA AL PREMIO NOBEL

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Intervista realizzata da Matilde, Elisa e Margherita

Sempre più diffuso è l’utilizzo di nanoparticelle in campo della terapia di patologie complesse e di difficile cura, quali tumori o sviluppo di vaccini anti-Covid19. In aggiunta, ultimamente si parla molto di un nanomateriale ancora più rivoluzionario, dotato della potenzialità di cambiare radicalmente il mondo della nanomedicina: il grafene; si tratta di un materiale estremamente leggero e sottile e che possiede proprietà mai osservate prima.

A parlarci del grafene e dell’utilizzo ormai sempre più frequente delle nanotecnologie è Mattia Bramini, ricercatore e professore universitario presso il Dipartimento di Biologia Cellulare a Granada. Il dottor Bramini, essendosi occupato di progetti che prevedevano lo sviluppo di biomateriali a base di grafene impiegati in diversi campi scientifici, tratta della rivoluzione affidata ai nanomateriali dal campo della medicina a quello della cosmetica e dell’alimentazione.

Professor Bramini, pensare a un materiale 200 mila volte più sottile di un capello risulta impossibile, non essendoci un’immagine di riferimento e non essendo captabile dall’occhio umano, che cosa ha reso possibile la scoperta di questo materiale e gli studi su di esso condotti?

La domanda è curiosa perché è stato scoperto attraverso microscopi elettronici grandi come una stanza intera, che fino a qualche anno fa non c’erano, e ci permettono di vedere materiali, come il grafene, nella loro scala atomica, bidimensionali, molto sottili, che con normali microscopi non si potevano vedere. Come è stato poi possibile utilizzare il grafene? Dobbiamo pensare che il grafene, per le sue caratteristiche, è davvero difficile da utilizzare così, da solo, quindi si prendono supporti già utilizzati in medicina come per esempio diversi polimeri (il pet è uno di questi) su cui viene depositato uno strato di grafene che quindi aderisce e si adagia su questo supporto; proprio questo supporto flessibile, trasparente, biocompatibile e già appunto utilizzato, conferisce al grafene nuovissime proprietà che lo caratterizzano.

Quale, secondo Lei, tra quelli attribuitigli sino ad ora ritiene essere l’impiego più rivoluzionario assunto dal grafene? In che cosa si distingue più degli altri nanomateriali in questo?

Per rispondere alla seconda domanda, si distingue perché è il materiale più conduttivo a livello elettrico ad oggi conosciuto ma allo stesso tempo è il più resistente da un punto di vista meccanico. Si tratta quindi di un materiale altamente flessibile e trasparente (perché è un monostrato di atomi) ma con una conduttività molto superiore a quella ad esempio del rame che oggi viene utilizzato in qualsiasi circuito elettrico. Per quanto riguarda la prima domanda, ad oggi non c’è ancora un impiego rivoluzionario del grafene perché il Premio Nobel per il grafene è stato dato nel 2010 e a partire dal 2013 l’Europa ha cercato di investire molto su questo materiale cercandone appunto un’applicazione. Io penso che la più prossima e rivoluzionaria sarà quella nelle batterie al posto del litio, perchè le sue caratteristiche chimico – fisiche costruiranno il futuro delle batterie. Sicuramente anche in ambito medico avrà un ruolo fondamentale a livello di protesi del sistema nervoso centrale.

Lei, oltre ad aver condotto anche degli studi a riguardo, ha parlato di potenziali enormi rivoluzioni da parte dei nanomateriali in ambito terapeutico di patologie neurodegenerative aggressive e difficili da curare, quali pensa possano essere i tempi di realizzazione di questo progetto? Ed eventualmente quali sarebbero i costi delle nuove terapie, sarebbero facilmente accessibili a tutti, o riservate a pochi?

Le tempistiche sono molto simili a quelle di un farmaco nuovo. Pandemie permettendo, sappiamo che ci vogliono circa dieci anni prima che un farmaco nuovo arrivi ad essere venduto in farmacia. Per i nuovi materiali c’è un iter molto simile da seguire quindi, se tutto dovesse funzionare per il meglio, parliamo di una decina di anni. L’applicazione è nelle neuroscienze perché è il materiale più conduttivo; i neuroni funzionano con impulsi elettrici quindi quello che stiamo tentando di fare è produrre protesi che conducano elettricità e possano riconnettere lesioni neuronali che sono state perse a causa di traumi o di determinate malattie.

[Valentina Vitali]

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