Befana Berenice

Befana Berenice

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Le piccole storie di Maria Vittoria Grassi

C’era una volta una Befana, anzi una giovane apprendista Befana. La sua famiglia aveva sfornato le migliori Befane del paese: brutte, bitorzolute, un po’ gobbe, veloci, efficienti, malvestite … Il fior fiore delle Befane sul mercato. Così anche lei doveva seguire la tradizione di famiglia, anche se, per dire la verità, non era proprio all’altezza della situazione.

Sostanzialmente la nostra befana, che si chiamava Berenice, era, come dire, un po’ pigra, lenta, scansafatiche. Fisicamente aveva tutte le carte in regola: alta e secca, naso a becco e bitorzoluto, mento a punta, occhietti vivaci, ma tendeva – diceva lei – a risparmiare le forze: da piccola aveva tentato di evitare la scopa di famiglia per svolazzare a cavallo di un aspirapolvere, pensando di risparmiare fatica… Sceglieva sempre di portare i sacchi più piccoli e spesso i suoi destinatari erano nei posti vicini a casa sua. Insomma, come diceva sua madre, detta La Saetta, (era la Befana più veloce del Paese) era una fannullona senza ambizioni, destinata a lavorare in magazzino con le Befane più vecchie e ormai fuori servizio.

Berenice non se ne faceva un problema e, finché ci riuscì, si limitò a portare qualche leggerissimo sacco di dolcetti e scatoline ai bambini del suo quartiere. Ma arrivò, fatalmente, l’anno in cui passò di grado e diventò Befana senior, con un aumento di stipendio, l’assegnazione di un quartiere grande e periferico e un carico di regali enorme. “Hai voluto la bicicletta? pardon, la scopa? e adesso pedala!“ le disse sua madre, che era un po’ ruvida … “magari pedalassi!” rispose tra sé Berenice guardando sconsolata la fila di pacchi e pacchetti che cresceva e la sua scopa nuova, bella pesante e scomodissima.

Arrivò quindi la notte del 5 gennaio: Berenice si era sforzata di portarsi avanti col lavoro ma con scarsi risultati, anche perché si era addormentata nel pomeriggio, dopo aver guardato in TV la gara delle Frecce Befane tricolori di New York, e aveva perso un sacco di tempo. Si affacciò sul sentiero in cui erano stati allineati i sacchi che doveva recapitare e quasi le caddero i bitorzoli. … Decine e decine di scatole, giocattoli, dolci, libri, trenini, persino due cani e sei gabbie di canarini. Una catastrofe! Mancavano poche ore alla consegna: tutte le sue colleghe erano già svolazzanti da un pezzo e lei doveva ancora cominciare… Il mento le si arricciò per lo spavento e la povera Berenice si guardò intorno atterrita e quasi disperata. Poi, miracolosamente, sentì una voce allegra che diceva: ”Serve aiuto?” Si voltò verso la voce e vide un giovane Babbo Natale, con tanto di slitta e renne, che la osservava dall’alto. “Sto tornando in Lapponia in ritardo, dopo le mie consegne: mi ero perso e sono un Babbo Natale ancora un po’ lento, ma se posso darti una mano…” Berenice non se lo fece ripetere: i due caricarono svelti tutti i regali sulla slitta e in un batter d’occhio la befana Berenice recapitò tutto quanto quasi in anticipo… Al suo ritorno sua madre La Saetta si complimentò: ”Hai un magnifico avvenire da Befana, carissima! Sarai la mia scopa destra …”. Mi dispiace mamma – gridò tutta allegra Berenice saltando nella slitta che l ‘aspettava dietro l’angolo- cambio mestiere: è tanto più comodo fare Mamma Natale!” Salutò, dall’alto, festosa insieme al suo giovane amico Babbo Natale, e i due, con un tintinnare di sonagli, sparirono verso la Lapponia.

Ora non mi resta che augurarvi un affettuoso Buon Anno: un caro saluto da Vittoria

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