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Autovelox: pressapochismo burocratico

Buon mercoledì omologato

Una sentenza della Corte di Cassazione potrebbe mettere a rischio gli introiti di quei Comuni che hanno usato apparecchiature di rilevamento velocità, approvate dal Ministero delle Infrastrutture, ma non omologate.

Omologare una apparecchiatura significa effettuare dei test approfonditi e verificare che, effettivamente, quello che rileva, indicando anche le tolleranze di misurazione, è il reale e non l’immaginario.

Alcuni autovelox sono autorizzati del Ministero senza però che siano stati omologati, per cui, di conseguenza, non sono certe, e certificate, le misurazioni di velocità.

Pressapochismo del burocrate di turno e, politicamente, del Ministro responsabile.

A risentirci, o a rileggerci, alla prossima occasione. Grazie.

@robertostorti

Immagini tratte dalla Voce di Mantova e dalla rete, senza esplicite, bloccanti, indicazioni di copyright o con impossibilità di risalire, con certezza, al titolare dell’immagine stessa. Immagini di repertorio, non riferite all’evento.

Alla fine di una caramella al limone di Rachel Linden.

Buongiorno a tuttә! 🤗 Oggi voglio consigliarvi un libro che potrebbe tranquillamente essere la versione libresca e al femminile della canzone “Amici mai” di Antonello Venditti. 😅 Sono andata a leggere il testo su internet e, credetemi, se sostituite “lei” a “lui” sembra che parli letteralmente di Lolly e Rory! 😂 Questo è “Alla fine di una caramella al limone” di Rachel Linden.


All’inizio non ero tanto sicura che fosse una buona idea leggerlo, perché avevo il sospetto che assomigliasse un po’ troppo a “Finché il caffè è caldo” (non so se vi ricordate, ho fatto la recensione qualche anno fa). Solo che questo è un po’ più lungo e quindi rischiavo di non riuscire a finirlo… Invece devo dire che è stata una piacevole sorpresa! 😍

Innanzitutto i personaggi sono molto ben caratterizzati e il fatto che la storia sia concentrata su un’unica protagonista (e che sia scritta in prima persona, ovviamente 😅🤪) la rende molto coinvolgente. Per non parlare delle bambine, Freya e Sophia, che sono dolcissime!!! 😍😍😍

I flashback sono davvero belli, perché permettono di vedere Lolly e Rory crescere, sia fisicamente che caratterialmente.

Negli ultimi capitoli si comincia ad avere un po’ di batticuore, perché si sa che le cose devono andare in un certo modo, altrimenti tutta la storia perderebbe di significato… E ogni volta che succede quello che ti aspetti che succeda, non puoi fare a meno di esultare! 🎉 Le ultime pagine, poi 🥺… Sono davvero una montagna russa di emozioni. 💓

Insomma, questo libro è assolutamente DA LEGGERE!!!, anche per imparare a “cercare sempre la propria beatitudine” (cit. zia Gert).

TRAMA: Lolly da ragazzina aveva tanti sogni, ma poi sua madre è morta e lei è rimasta intrappolata a cercare di tenere a galla un ristorante sull’orlo del fallimento e una famiglia che senza di lei sarebbe sicuramente allo sbando. Lolly è “la colla” della famiglia, dopotutto.

Così, quando sua sorella Daphne trova un diario con scritti quei vecchi sogni, lei cerca di liquidarli come desideri adolescenziali. Ma la verità è che il ristorante, anche se è il retaggio della famiglia, comincia a starle stretto.

Non ne può più di svegliarsi all’alba per preparare sei torte meringate con la ricetta segreta della madre, di cercare di far quadrare i conti, di impedire a Daphne di smettere di studiare e preoccuparsi per un papà che sembra sempre più stanco! Rivuole la sua libertà, rivuole la possibilità di fare un lavoro che le piaccia sul serio, vuole tornare in Inghilterra… E soprattutto rivuole il suo Rory, il ragazzo che ha sempre amato e che adesso è sposato con un’altra.

Insomma, si sente condannata ad essere infelice, finché la zia Gert le dà tre caramelle al limone, dicendole di succhiarle prima di andare a letto.

Ogni caramella le permetterà di vivere per un giorno in una vita alternativa: cosa sarebbe successo se avesse aperto un ristorante tutto suo? Se sua madre non fosse morta? E se lei e Rory non si fossero lasciati?

Ma forse non c’è bisogno di una caramella al limone per cambiare la propria vita… Forse basta cercare uno spiraglio di luce anche dove tutto sembra buio.

Buona limonata 🍋, alla prossima! 😘👋

Alisea Z.

I ponti a rischio

Buon martedì pontiere

I ponti a rischio non sono solo quelli fisici che permettono di attraversare i fiumi che non sono certo magri dopo le piogge di questi giorni.

Anche quelli del 25 Aprile e 1° maggio lo sono sia per la situazione meteo, che è fredda e piovosa, sia per i rincari su tutto il comparto vacanze e viaggi.

E’ tutto aumentato, dagli affitti che dopo qualche decennio di non adeguamento all’incremento Istat, che è stato addirittura anche negativo, ora hanno ripreso a salire, alla benzina che veleggia alta vicino, o sopra, ai due euro al litro, ai voli + 19,1%, ai treni +8%, agli alberghi + 6,9%, B&B +8,4%, solo per citare alcune voci.

Se poi, come si spera, i dati smentiranno le previsioni, significa che la nostra economia non teme gli abbassamenti di temperature e gli aumenti dei costi.

A risentirci, o a rileggerci, alla prossima occasione. Grazie.

@robertostorti

Immagini tratte dalla Voce di Mantova e dalla rete, senza esplicite, bloccanti, indicazioni di copyright o con impossibilità di risalire, con certezza, al titolare dell’immagine stessa. Immagini di repertorio, non riferite all’evento.

Affitti brevi: svuotano le città e metà non rendono

Buon lunedì di rendita

Tanti abbagliati dai numeri di Milano e Roma si sono buttati sugli affitti brevi, svuotando le città dal lunedì al venerdì e ora scoprono che la realtà è fatta di metà immobili che rimangono vuoti.

Secondo uno studio di Rescasa/Confcommercio, a Milano su 20.000 appartamenti censiti, meno della metà ha avuto tassi di occupazione significativi.

C’è una selezione naturale, di chi privilegia standard medio alti e non raffazzonati, con tariffe dinamiche e la possibilità di disdire facilmente, senza inghippi strani, orientandosi di più, su chi lo fa per mestiere che non su chi pensa di saper fare il mestiere.

Inutile, dunque, svuotare le città e tener sfitti appartamenti che, alla fine costano e non rendono.

A risentirci, o a rileggerci, alla prossima occasione. Grazie.

@robertostorti

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Edoardo Bennato “Burattino senza fili” (1977)

Edoardo Bennato
“Burattino senza fili”, 1977 (Ricordi)
Pop

di Antonio Lo Giudice

 

Con buona pace di Enzo D’Alò, a “Le Avventure di Pinocchio – Storia di un Burattino” non sono state date letture oscure e cattive in modo arbitrario, ma è il libro di Collodi a essere, dietro la forma della favola per bambini o del romanzo di formazione, un’opera profondamente oscura e cattiva. Non è un caso se le sue migliori interpretazioni non sono certo quella eccessivamente edulcorata di Walt Disney né, tanto meno, la melassa di Roberto Benigni (che non ha neanche la scusa di essere americano), ma neppure quella malinconica dello sceneggiato, pur bellissimo, di Luigi Comencini. A mio modesto avviso, coloro che hanno meglio colto lo spirito del libro sono stati Benito Jacovitti con il suo tratto anarchico e Paolo Poli con la sua malignità da vecchia zia. Oltre, ovviamente, a Edoardo Bennato.
Nel 1977, il cantautore napoletano marcia con il ritmo di un disco all’anno (cosa per l’epoca non inusuale), con successo di vendite sempre crescente e, artisticamente, senza sbagliare un colpo, ma, anzi, sfiorando almeno un paio di volte il capolavoro (“I buoni e i cattivi” e “La Torre di Babele”). Certo, se non fosse per qualche riempitivo qua e là, per quello stile sempre sopra le righe che dà l’impressione di poter deragliare da un momento all’altro, per quell’atteggiamento un po’ finto ingenuo che, a volte, finisce per urtare… Come per molti artisti, anche estremamente validi, dell’epoca (Rino Gaetano ne era un esempio eclatante) c’è sempre uno o più “se” che delineano il gap tra un grande autore di canzoni e la sua potenziale opera d’arte, il 33 giri da consegnare agli annali. Edoardo Bennato riesce a coprire questa distanza proprio grazie a un concept su Pinocchio, che resterà il vertice della sua produzione, ancora per qualche anno, comunque, di valore.
Fin dalla copertina (una foto del cantante vestito da impiegato in ufficio vuoto e con l’espressione tra lo stupito e il triste di chi ha appena scoperto di averlo preso in quel posto – nell’angolo, un burattino inanimato) si capisce che, tramite la favola di Collodi, Bennato intende raccontare qualcosa di attuale, che riguardi il potere, l’industria discografica, la situazione femminile, l’intellighenzia e, soprattutto, la miseria e l’ipocrisia degli adulti messa a nudo dallo sguardo dei bambini. Quest’ultimo tema (usato e abusato dal Nostro, tant’è vero che il tormentone della sua imitazione ad opera di Neri Marcorè sarà “bisogna torna’ bambini!”) è trattato nella canzone di apertura e in quella di chiusura dell’album. “È stata tua la colpa”, incipit sommesso ma struggente, giocato quasi esclusivamente su chitarra acustica, armonica e le percussioni del fedele Tony Esposito, mentre “Quando sarai grande” parte come una ninnananna composta da pochi accordi di pianoforte, per poi gonfiarsi poco alla volta grazie ai fiati di Robert Fix.
Il Pinocchio di Bennato, nel suo voler raggiungere a tutti i costi lo status di umano, commette l’errore della sua vita, quello in cui un po’ tutti incorriamo quando passiamo dall’infanzia all’età adulta. A ben vedere, si tratta, diversamente dalle apparenze, di una lettura conforme al pensiero dello stesso Collodi: il protagonista del racconto è un burattino che agisce libero da regole, vivendo decine di fantastiche avventure. Cosa offre, invece, il mondo “di carne”? La vita grama di Geppetto? Le istituzioni rappresentate dai Carabinieri, sempre pronti ad arrestarlo ma assenti quando si tratta di difenderlo, o dal Giudice di Acchiappacitrulli? Sono convinto che l’autore del libro avrebbe sottoscritto la frase “eri un burattino senza fili, adesso invece i fili ce li hai”.
Farina del sacco del cantautore sono, invece, l’accostamento tra Mangiafuoco e il potere che etichetta come follia ogni forma di anticonformismo, nella seconda traccia segnata da un ritmo da ballo popolare sporcato da qualche riverbero elettrico. Stesso discorso per la commovente immagine di una Fata calata nel corpo di una ragazza senza altro potere che la sua bellezza, a causa della quale, però, rischia di perdere la propria libertà.
Ma dove davvero Bennato si supera è quando usa le armi del sarcasmo tagliente e degli archetipi musicali (americani o italiani che siano): “In Prigione, in Prigione” sfoggia uno sfrenato rock pianistico alla Jerry Lee Lewis (mezzo autoplagio della precedente “Meno male che adesso non c’è Nerone” – ma, visto che si tratta di due capolavori, si può far finta di niente) e un testo caustico che riprende il già citato episodio del paese di Acchiappacitrulli. “Dotti, Medici e Sapienti”, invece, parte con un sottofondo di archi da accompagnamento teatrale e si conclude in sarabanda, mentre il povero Pinocchio/Edoardo malato viene severamente esaminato da una commissione di pomposi e addottorati idioti (professori universitari, sociologi televisivi o critici musicali che siano).
La scarsa simpatia del cantautore verso ogni tipo di maestro emerge anche dal blues, prima acustico e poi elettrico, di “Tu Grillo Parlante” rivolto agli intellettuali eccessivamente rigidi e presuntuosi. Ma il brano che consegna l’album al gotha della musica popolare italiana è l’arcinoto “Il Gatto e la Volpe”, irresistibile bubblegum pop modellato sul rock americano a cavallo tra i 50 e 60, con un testo che sbeffeggia l’industria discografica pronta ad approfittarsi di musicisti ingenui o privi di alternativa. Si tratta sicuramente della canzone più nota del Nostro (che può vantare almeno un’altra ventina di singoli di assoluto successo) nonché uno degli evergreen più gettonati di sempre della radiofonia italiana.
“Burattino senza fili” risulta non solo l’opera più ambiziosa realizzata fino a quel momento da Edoardo Bennato, ma anche la più compatta e, artisticamente, la più valida. Forse perché vincolato dal tema, il cantante evita eccessive divagazioni (soprattutto quelle demenziali, che torneranno prepotentemente nel successivo “Uffa Uffa” – uno dei suoi ultimi guizzi di genio, prima che manierismo e mediocrità la facciano da padroni) a tutto vantaggio della godibilità del disco, che resta un modello di cantautorato anticonvenzionale e creativo.
Carlo Lorenzini avrebbe certamente approvato.

 

 

https://www.ondarock.it/pietremiliari_ita/edoardobennato_burattinosenzafili.htm

Strappando i capelli alla moglie

Buona domenica serena

Commentando quotidianamente i titoli delle prime pagine dei due quotidiani di carta che escono nella nostra provincia, si trova almeno, ogni giorno, una violenza commessa nei confronti di moglie, compagna, fidanzata.

Forse una volta all’anno il simmetrico, tanto per soddisfare i maniaci del però dicono  “anche loro…”

Di fronte a tanta esplosione di violenza vien da chiedersi se è solo per un maggior numero di denunce o se è esplosa, una violenza repressa nei confronti del mondo che, alla fine, si concentra sulle donne più prossime.

Non si sa cosa rispondere, ma è certo che tante denunce e tanti processi, seri e non giustificazionisti, servono più del lavaggio dei panni in casa, come fatto sino ad ora.

A risentirci, o a rileggerci, alla prossima occasione. Grazie.

@robertostorti

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